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Cronaca Via Paolo Anfossi

Femminicidio Pontedecimo, Il centro antiviolenza della Valpolcevera: "Mai sottovalutare le avvisaglie, ma la società fornisce modelli negativi"

"Importante dare alle donne gli strumenti per accorgersi delle prime avvisaglie di violenza, non soltanto fisica, e una rete sicura a cui rivolgersi - dice Paola Campi del centro antiviolenza Casa Pandora Margherita Ferro - ma al di là dell'enorme lavoro dei centri, la società spesso fornisce modelli negativi ai giovani"

Saper codificare i segnali, in modo da leggere i comportamenti violenti fin da subito e trovare una rete pronta ad aiutare: sono questi gli step su cui ruota l'azione dei centri antiviolenza genovesi. Progetti, protocolli, laboratori, campagne di comunicazione e un grande impegno da parte degli operatori, ma rimane forte il senso di impotenza di fronte a episodi come quello che ieri ha sconvolto Pontedecimo. Qui, in un appartamento di via Anfossi, la guardia giurata Andrea Incorvaia, 32 anni, ha ucciso la compagna Giulia Donato prima di togliersi la vita a sua volta. Il primo femminicidio dell'anno a Genova, ad appena quattro giorni dall'inizio del 2023.

VIDEO | Femminicidio e suicidio a Pontedecimo, il vicino: "Incorvaia non era una persona socievole"

Il centro Pandora: "Importante fornire gli strumenti per capire i segnali della violenza"

Proprio in Valpolcevera, a una decina di minuti in auto da casa della vittima, opera il centro antiviolenza Casa Pandora Margherita Ferro: "Il tema purtroppo mi pare sempre lo stesso - spiega a GenovaToday Paola Campi, presidente della Cooperativa Sociale Mignanego che gestisce il centro - ovvero l'idea di proprietà che certi uomini hanno delle donne, da cui viene la non accettazione della fine della relazione. Questo si accompagna anche ai comportamenti che, dagli amici della ragazza, sono stati definiti come persecutori nei confronti di lei. L'allarme dei femminicidi continua e si amplifica, non sono più ormai eventi straordinari: per questo il lavoro dei centri antiviolenza è fondamentale e dev'essere costante. Cosa possiamo fare? Continuare a parlare il più possibile di questa piaga, dando alle donne gli strumenti per accorgersi delle prime avvisaglie di violenza, non soltanto fisica, e una rete sicura a cui rivolgersi. E poi fare tanta formazione a tutti i livelli: nella società, nelle scuole, sui posti di lavoro dove trascorriamo il 70% del nostro tempo, e poi anche e soprattutto a tutti coloro che portano un'arma e che forse dovrebbero essere valutati meglio nell'ambito del lavoro che svolgono".

L'appello finale è rivolto alle donne: "Le vittime di violenza non sono sole, possono scegliere di cambiare e ribellarsi prima che sia troppo tardi, rivolgendosi direttamente a chi le può aiutare, alle forze dell'ordine, a un centro antiviolenza oppure parlando con un'amica che possa indirizzarle".

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Il risveglio della violenza tra i giovani: "I modelli che ricevono dalla società sono sbagliati"

È importante lavorare a tutti i livelli per creare luoghi di incontro, dialogo, emancipazione, anche perché il fenomeno della violenza sulle donne - come rileva il centro - sta nuovamente emergendo tra i giovani. Tutto ciò nonostante l'aumento dell'attenzione di questi ultimi anni sul tema. Ma come mai, allora? "Perchè purtroppo l'impegno dei centri antiviolenza e delle istituzioni non è sufficiente - commenta Campi -. Bisogna vedere anche i modelli che propone la società e riuscire ad avviare un cambiamento culturale vero, che vada oltre le belle parole, i protocolli, gli accordi e le convenzioni con enti, istituzioni e ordini professionali che sono importanti ma rimangono spesso lettera morta. La tendenza, nel mondo reale è che più le persone manifestano atteggiamenti estremi, violenti, cafoni, più sono incoraggiate dagli algoritmi dei social o da chi le chiama in trasmissione per fare audience. In realtà, nonostante il nostro grande impegno, mi sembra che stiamo andando incontro a un mondo sempre più violento e per migliorare c'è davvero bisogno dello sforzo di tutti".

Anche la Cgil, nella giornata di oggi, ha parlato del bisogno di un cambiamento della società, proprio in riferimento a quanto accaduto a Pontedecimo: "È necessaria - scrivono i dirigenti del sindacato genovese e ligure - una vera e propria rivoluzione culturale che ponga al centro dell’agire quotidiano la persona: rispetto e riconoscimento non devono essere solo di facciata; insieme a misure concrete affinché vi siano pari opportunità nel lavoro che garantiscano alle donne un impiego dignitoso, unica condizione che permette loro di uscire da situazioni di violenza, occorrono misure a sostegno della formazione nelle scuole".

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