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Cronaca Sturla / Via Brigata Salerno

Cinghiali catturati nel torrente Sturla, gli animalisti chiedono chiarimenti sulla loro sorte

il Bisagno, gli altri torrenti genovesi e negli altri concentramenti urbani

Dopo la cattura, giovedì 17 febbraio a Genova, di quattro cinghiali, che vivevano pacificamente nel torrente Sturla, la Rete dei santuari di animali liberi e Vita da Cani, insieme ad Animalisti genovesi e Fine dello specismo, rinnovano con forza alle istituzioni la richiesta di revocare ogni abbattimento dei cinghiali in città e nel torrente Bisagno, nell'ambito del piano di contenimento della peste suina

"Chiediamo prima di tutto di sapere dove sono stati portati i quattro cinghiali catturati con gabbia trappola e cosa è loro successo - dice Sara d'Angelo, presidente dell'associazione Vita da cani e coordinatrice della Rete italiana dei più rappresentativi rifugi per animali "da reddito" salvati dal macello -. Inoltre, chiediamo di istituire un tavolo di lavoro a cui possano partecipare nostri referenti ed esperti in rappresentanza degli interessi degli animali e dei cittadini che hanno a cuore la sorte dei cinghiali, per contribuire in modo costruttivo alla redazione e al coordinamento di un progetto pilota nella colonia del Bisagno e di un protocollo di gestione della problematica dei suini "urbani" che sia efficiente, innovativo ed etico e possa essere replicato negli altri concentramenti di cinghiali a Genova e in altre città. Pertanto chiediamo di revocare immediatamente ogni intervento cruento in programma".

"Questi animali che vivono in città sono stanziali e quindi difficilmente entreranno in contatto con altri selvatici potenzialmente infetti - prosegue Sara d'Angelo nella lettera alle istituzioni -. Sono tranquilli, pacifici e sani, la peste non li ha raggiunti. Allontanarli per poi ucciderli o spingerli verso l'entroterra boschivo (condannandoli comunque, essendo in programma in tutta la 'zona rossa' e nell'area 'cuscinetto' tra la provincia di Genova e il basso Piemonte un'intensa campagna di selezione, con l'obiettivo di eliminazione 'di quasi tutti i cinghiali'), non solo sono interventi riprovevoli, ma contribuirebbero a diffondere la peste, spaventando e disperdendo i cinghiali in fuga verso altri territori. Mentre, a oggi, nessuno degli animali presenti nel Bisagno, o di quelli prelevati è stato colpito dalla peste".

Per le associazioni, anni di gestione tramite i fucili e la pressione venatoria non hanno fatto altro che peggiorare il problema e ora diventano urgenti interventi significativi e radicali percorrendo nuove strade. "Siamo disponibili a confrontarci e collaborare per una soluzione o contenimento del problema che siano efficaci e positivi per tutti - prosegue Sara d'Angelo -. Persino Ispra, l' lstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, evidenzia che 'la densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della peste suina africana. La notevole resistenza del virus nell'ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissima (es. circa 0,5/km2)'".

"Secondo le simulazioni effettuate - prosegue d'Angelo -, per rallentare significativamente la diffusione della peste suina africana si dovrebbe rimuovere nel brevissimo periodo la quasi totalità della popolazione di cinghiale - circa il 90% -, obiettivo irrealistico da raggiungere. I massacri in programma stimano di eliminare meno della metà dei cinghiali presenti, ciò significa che si tratta di interventi inutili e non risolutivi".

Pertanto le associazioni nella lettera inviata alle istituzioni chiedono:

  • che i cinghiali continuino a vivere lungo il Bisagno, gli altri torrenti genovesi e negli altri concentramenti urbani; 
  • che vengano potenziate le barriere per impedirne l'uscita in città;
  • che venga studiato e predisposto un programma di limitazione delle nascite per contenere la popolazione dal punto di vista numerico magari tramite sterilizzazione chimica con farmaci anticoncezionali, la cui efficacia proprio in presenza di comunità ristrette e chiuse, come nel nostro caso è dimostrata da studi scientifici;
  • che vengano implementate soluzioni preventive, come protezioni invalicabili nelle autostrade, censimento degli "hot spot" di attraversamento stradale e creazione di corridoi ecologici per consentire il passaggio in sicurezza dei selvatici (progetto Life Safe-Crossing), nonchè l'utilizzo di cassonetti non rovesciabili, congiuntamente a una opportuna revisione della raccolta dei rifiuti;
  • che venga istituito l'assoluto divieto di caccia nelle aree boschive intorno ai centri urbani (istituendo una sorta di Free Shot-Fire Zone) per evitare che gli animali fuggano, cercando cibo e rifugio in città.

"Per confrontarci su queste tematiche e trovare un percorso più condiviso - conclude Sara d'Angelo nella lettera alle istituzioni - chiediamo un incontro urgente". Nel frattempo, dopo la manifestazione di protesta davanti alla Regione in piazza De Ferrari, le associazioni chiamano ciascun cittadino all'azione per dimostrare la propria forte contrarietà al massacro degli animali. Chi volesse partecipare può visitare la pagina www.vitadacani.org/non-c-e-pace-per-i-cinghiali-di-genova/.

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