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Torre piloti, madre vittima: «I responsabili sono per primo lo Stato e poi i Messina»

Giornata del ricordo, del dolore, ma anche della rabbia. Genova celebra le nove vittime del crollo della torre piloti a molo Giano, abbattuta dalla portacontainer Jolly Nero in manovra, un anno fa

Giornata del ricordo, del dolore, ma anche della rabbia. Genova celebra le nove vittime del crollo della torre piloti a molo Giano, abbattuta dalla portacontainer Jolly Nero in manovra, un anno fa.

Dopo la messa in cattedrale, nel pomeriggio intitolazione di due mezzi, un'ambulanza della croce bianca genovese e un mezzo della guardia costiera ausiliaria, sul piazzale della Capitaneria. L'ammiraglio Vincenzo Melone, Comandante della Capitaneria di Porto di Genova, ha ricordato le vittime della Torre piloti come «nove foglie cadute, ancora troppo verdi».

Le nove vittime, come ribadito nel corso della cerimonia, saranno ricordate a Genova con un monumento davanti all'Acquario (nella foto), 'nove angeli' che interagiscono con il mare disegnato da Renzo Piano e con borse di studio che saranno consegnate ai giovani nei paesi di provenienza delle vittime.

Alla messa era presente anche l'ammiraglio Felicio Angrisano comandante generale del corpo delle Capitanerie di Porto. Per un tragico destino il giorno della tragedia era il suo ultimo a Genova prima del trasferimento a Roma.

«Per me quelle nove vittime - ha detto l'ammiraglio - erano e sono i miei ragazzi, non poteva essere altrimenti. Vivere quotidianamente con loro e poi perderli così non è facile. È una ferita che porterò dentro di me finché vivrò».

Sfogo al termine della messa da parte della madre di Giuseppe Tusa, Adele Chiello. «Di questi fatti non se ne parla più perché i responsabili sono per primo lo Stato e poi i Messina che hanno delle navi carrette vecchie di quarant'anni. È responsabile lo Stato perché mio figlio lavorava per la Marina Militare e il datore di lavoro è responsabile dell'edificio in cui si trovava. Voglio verità e giustizia, i magistrati facciano presto».

Sulla stessa linea Giuseppina Forlani, mamma di Daniele Fratantonio. «Siamo stati in silenzio per un anno, ora tiriamo fuori i denti e chiediamo giustizia. Vorrei vedere in faccia queste persone (i Messina). Devono chiedere almeno perdono, non lo hanno mai fatto, non hanno avuto il coraggio».

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