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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Alberto Scagni torturato e picchiato dai compagni di cella

Episodio di violenza nel carcere di Valle Armea a Sanremo, l'uomo condannato per aver ucciso la sorella Alice era già stato picchiato da altri detenuti nel penitenziario di Marassi

Alberto Scagni, condannato di recente a 24 anni e mezzo di carcere per avere ucciso la sorella Alice, sotto casa di lei, l'1 maggio 2022, è stato nuovamente picchiato in carcere. Era già successo a Marassi sabato 14 ottobre, questa volta invece nel penitenziario di Valle Armea a Sanremo, dove era stato trasferito. Secondo quanto denunciato dal Sappe è stata vissuta una vera e propria notte di terrore, con sangue e violenza. Scagni è stato sequestrato e torturato, liberato grazie all'intervento degli agenti della polizia penitenziaria e poi portato in ospedale.

Alberto Scagni aggredito in cella, cosa è successo

Vincenzo Tristaino, segretario regionale Sappe per la Liguria, spiega: "La situazione interna al carcere, con oltre 290 detenuti presenti, è diventata invivibile. Ieri sera, due detenuti marocchini hanno tenuto in ostaggio un altro detenuto, italiano e condannato per avere ucciso la sorella a Genova, torturandolo per ore, fin quasi a ucciderlo. L’uomo era un compagno di cella al Padiglione Z, dove sono contenuti i detenuti protetti. Sempre nella stessa cella, un altro ristretto, italiano, è stato tenuto sotto minaccia e chiuso in bagno".

Tristaino aggiunge che "gli artefici del sequestro di persona e delle lesioni gravi, i due nordafricani, in stato alterato per alcool fatto in modo artigianale in cella macerando la frutta e mischiato con farmaci accumulati in maniera illegale, hanno anche spaccato tutta la cella. Il detenuto torturato, picchiato a sangue con una violenza inaudita, è ricoverato in ospedale con ferite, anche da taglio e contusioni in tutto il corpo. Un gruppo di agenti, coordinati dal vicecomandante presente sul posto, ha fatto irruzione con caschi protettivi e scudi, facendo strada ad altri poliziotti per salvare l'ostaggio e portarlo in ospedale. Sono intervenuti anche, dal carcere di Imperia, il comandante, il direttore del penitenziario e il magistrato di turno, ai quali i detenuti hanno lanciato la gamba di legno di un tavolo".  Nella concitazione dei fati, aggiunge il sindacalista, "risulterebbe un solo poliziotto ferito, con due costole rotte (21 i giorni di prognosi), conseguenza dell'irruzione nella cella per liberale l'ostaggio che versava in condizioni gravissime".

L'avvocato Anselmo: "Quello che è successo è gravissimo"

L'avvocato Fabio Anselmo, che assiste la famiglia di Alberto Scagni, ha dichiarato all'Adnkronos: "Quello che è successo è gravissimo. Alberto è stato colpito più volte al volto con degli sgabelli, ha fratture al volto che lo hanno costretto a un intervento di chirurgia maxillofacciale. Non solo. Ha subito un tentativo di strangolamento ed è sotto osservazione per le condizioni del collo".

La madre: "Temiamo una nuova aggressione"

La madre, Antonella Zarri, ha aggiunto: "Lo Stato ha fatto in modo che Alice morisse e finirà per restituirci un cadavere anche con Alberto. Ci aspettiamo una nuova aggressione. La temiamo. E sappiamo che questo accontenterà la pancia di molte persone perché ormai in Italia più che la giustizia ci si aspetta la vendetta. Anche se Alberto è ostaggio dello Stato - ribadisce - noi abbiamo ancora il coraggio di andare avanti e ribadire la verità: lo Stato ci ha abbandonato nella figura delle istituzioni di salute mentale e delle forze di polizia, secondo noi in modo plateale. Uno schiaffo, questo abbandono dello Stato, incomprensibile. E parlo dell'omicidio di Alice. Quante telefonate di minacce di morte registrate, quante richieste di aiuto. E lo Stato non ha fatto in modo che Alice non morisse".

"Mia figlia è stata una coraggiosa vittima che è andata incontro al suo assassino - ha aggiunto -. Ed io, mamma di una giovanissima mamma uccisa, tre ore dopo aver allattato, oggi sto in pena per la vita del suo omicida. A volte nemmeno io so come faccio a tenermi ancora in piedi. Se Alberto fosse stato messo per tempo in Tso, in una situazione di sua sicurezza psichica, non avrebbe avuto il delirio che lo ha portato a fare quello che ha fatto. Il 112 non ha fatto nulla quando lo abbiamo chiamato, non ha cercato Alberto. Cosa fanno le forze di polizia quando vengono sollecitate? È aberrante quello che è capitato a noi e che continua a capitare. Noi abbiamo servito i segnali su un piatto d'argento, il delirio psichico di Alberto era conclamato in sede di incontri in salute mentale eppure negato in sede di processo".

Il sindacato Sappe: "Un plauso agli agenti intervenuti"

Il segretario del Sappe ligure Tristaino ha poi parole di plauso per gli agenti intervenuti e per il vicecomandante che ha coordinato il tutto con grande coraggio e professionalità, considerata anche la particolare situazione che si era determinata: "La denuncia del Sappe - conclude - è ferma nel condannare tali atteggiamenti da parte dei reclusi ma allo stesso tempo condanniamo l'inerzia della direzione della casa circondariale di Sanremo, che sta facendo orecchie da mercante su tutto quando sta accadendo al suo interno: tale inerzia comincia a farci credere che sarebbe il caso che lo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria pensasse di avvicendare i vertici, poiché stanno facendo vivere al proprio personale di Polizia penitenziaria giorni e giorni di malessere psicofisico e mentale".

Aggiunge Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria: “Segnaleremo nelle prossime ore al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma le significative disfunzioni e inconvenienti che riflettono sulla sicurezza e sulla operatività della Casa Circondariale di Valle Armea. Sanremo e del personale di Polizia Penitenziaria che vi lavora con professionalità, abnegazione e umanità. L’episodio denunciato dai nostri segretari conferma, a parere del Sappe, come la gestione e l’organizzazione della casa circondariale di Sanremo sono decisamente deficitarie per cui occorre che le Autorità ministeriali intervengano con la massima sollecitudine, con una ispezione interna e con l’avvicendamento del direttore e del comandante del reparto di Polizia penitenziaria, che non sono in grado di fare fronte alle costanti e quotidiane criticità".

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