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Domenica, 28 Aprile 2024
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Dal letto macchiato di sangue alle lettere di inizio '900: le storie incredibili degli appassionati di Urbex

Gli appassionasti di Urbex a Genova e dintorni spesso sono gli ultimi testimoni di storie dimenticate: "A volte entriamo in case abbandonate in cui è ancora tutto in ordine, come se i padroni fossero usciti un momento prima. Invece sono già passati decenni"

Come si varca la soglia si scoprono luoghi sospesi nel tempo: case abbandonate, fabbriche dismesse, ville in rovina, vecchie chiese e fortificazioni antiche pronte a svelare storie dimenticate. È in questi contesti che le macchine fotografiche degli appassionati di esplorazione urbana (Urbex) regalano alcune delle immagini più struggenti: una vecchia bambola in una cameretta, i piatti ancora nel lavandino, vecchi giornali, fotografie e lettere a testimoniare la vita di persone che un tempo quelle case - ora spesso pericolanti e circondate da una vegetazione spesso impenetrabile - le hanno animate. 

È con l'intento di trasmettere la loro passione che i genovesi Valentina Cresta, Simonetta Mazzi e Luciano Rosselli hanno scritto il libro "Urbex - La seduzione dell'abbandono" (Erga, 2024), un viaggio che tra testo e foto indaga paesaggi, racconta il patrimonio e in qualche modo "ferma" il tempo. La mostra polisensoriale con foto e video legata al volume sarà inaugurata il 16 marzo alle 17 al Centro Civico Buranello, e sarà visitabile fino al 29 marzo.

Urbex: le foto degli appassionati di esporazioni urbane

Gli autori sono tre fotografi con tre trascorsi diversi, uniti da questo particolare interesse: viaggiare alla ricerca di strutture abbandonate da immortalare. Chi ha più esperienza in materia è Luciano Rosselli, appassionato conoscitore della città, autore di diverse pubblicazioni e amministratore di due pagine Facebook conosciute, "Il sottosuolo di Genova e oltre" e "PhotoUrbexWork". "Visito luoghi abbandonati per diletto fin da ragazzino - spiega -. Dalla semplice esplorazione sono passato poi alla fotografia quando avevo 16 anni: avevo iniziato a lavorare in uno studio fotografico, dunque avevo anche la possibilità di fare fotografie senza pagare troppo".

Simonetta Mazzi che lavora in Regione Liguria, settore cultura, si è appassionata proprio guardando le fotografie di Rosselli sui social: "L'ho contattato - racconta - ed è così che ho iniziato a unirmi a esperti di Urbex, unendo la passione per i luoghi abbandonati a quella per la fotografia. Sono partita con il mio smartphone e ho imparato a utilizzare la reflex".

Per Valentina Cresta, insegnante, invece quello con le esplorazioni urbane è stato un incontro più casuale: "Non conoscevo il mondo Urbex - dice - ma nel 2018 mentre passeggiavo vicino a casa mi sono fatta coraggio e sono entrata in un rudere che vedevo da sempre. All'interno ho trovato uno scenario inaspettato, con oggetti sospesi tra passato e presente. Sono corsa a prendere la macchina fotografica e in quel momento, senza neanche rendermene conto, è iniziata l'avventura".

Per quanto riguarda il rischio, una certa percentuale c'è sempre, d'altronde si entra in edifici abbandonati da tempo e non è detto che siano in sicurezza. "Ma - spiegano i tre fotografi, veri e propri Indiana Jones - la voglia di scoprire le testimonianze che ci lasciano quei luoghi è tanto forte che siamo disposti ad accettare una certa quota di rischio".

Le storie: dal letto macchiato di sangue alle lettere di inizio '900

Ogni luogo abbandonato diventa una testimonianza e una storia da scoprire e da raccontare: "A volte - spiega Rosselli - scopriamo che sono già passati vandali o senzatetto prima di noi. Altre invece troviamo gli oggetti disposti come se i padroni di casa se ne fossero andati poco prima. Invece sono passati decenni". E non mancano i casi in cui si riesce anche a ricostruire parte della vita di chi ha abitato gli edifici: "Una volta abbiamo trovato vecchie lettere che documentavano che nel 1914 parte di quella famiglia si era trasferita nel Regno Unito e si teneva in contatto con i padroni di casa. Poi a un certo punto questi ultimi sono morti e la corrispondenza si è interrotta".

"Tra le cose che mi hanno più colpita - racconta Cresta - ricordo una casa con una camera da letto con macchie di sangue ormai molto vecchie sulle coperte e sul pavimento. Sul comodino, la foto in bianco e nero di una persona e una Bibbia. Ho pensato a un anziano malato o vittima di un incidente domestico: magari dopo aver perso sangue è stato ricoverato in ospedale e poi deceduto lì tanti anni fa senza lasciare eredi. In quella casa probabilmente non era più entrato nessuno da allora, mi ha fatto impressione ma mi ha anche emozionato molto riportare alla luce quei frammenti di storia". Non mancavano diverse foto di persone: "Molte erano scattate da un fotografo di San Francisco, forse il padrone di casa era rimasto solo, con i suoi cari emigrati negli Stati Uniti".

Vite vissute, a volte dimenticate, che testimoniano anche il progressivo spopolamento dell'entroterra perché molte delle case abbandonate si trovano proprio lì, tra sentieri percorribili solo a piedi e borghi quasi irraggiungibili. Tra i luoghi celebri c'è l'abbazia di Cassinelle con il suo piccolo complesso, dietro Sestri Ponente: "Esplorando e documentandoci - dice Mazzi - abbiamo scoperto alcune storie di nuclei abitativi molto piccoli che gravitavano intorno all'abbazia. Siamo testimoni dello spopolamento, ma anche dell'enorme patrimonio sommerso di questa regione".

Le regole dell'Urbex

Ci sono regole che gli appassionati di Urbex rispettano tassativamente: la principale è entrare solo in luoghi abbandonati con porte e finestre aperte, per non commettere infrazioni. E poi non toccare nulla: l'esploratore urbano non sposta, non aggiunge e ovviamente non ruba, nella filosofia del "take nothing but pictures, leave nothing but footprints" (prendi solo le immagini, lascia solo le impronte).

C'è un'ultima importante regola: non condividere mai, se non con pochi appassionati fidati, la posizione esatta dei luoghi fotografati, pur con qualche eccezione nel caso di edifici "celebri". "Il fatto - spiega Rosselli - è che da un po' di anni a questa parte ci sono diverse persone che si fingono appassionate ma poi entrano in queste antiche dimore per rubare oggetti antichi e magari rivenderli. Anche per questo è diventato più difficile cercare di ricostruire le storie con gli abitanti dei piccoli borghi dell'entroterra: non si fidano più".

Ma allora come si viene a conoscenza dei luoghi da visitare? Un po' con il passaparola tra esploratori, un po' con la tecnologia. "Spesso - dice ancora Rosselli - utilizziamo Google Maps per vedere se troviamo edifici con tetti sfondati o che possono dare l'idea di essere abbandonati. È un lavoro lungo e paziente e il successo non è garantito specie quando si visita un luogo per la prima volta: a volte ci siamo spostati per nulla!".

Ma quando si ha successo, l'emozione è tale che ripaga tutti i viaggi andati a vuoto e regala storie che forse sarebbero rimaste nell'oblio per sempre.

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