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Cronaca

Per anni picchiata e chiusa in casa, oggi mamma felice: la storia di una sopravvissuta

A raccontarla Romina Soldati, operatrice del centro antiviolenza di via Cairoli, che qualche anno fa ha aiutato una donna vittima di violenza a iniziare un percorso di rinascita e rivincita

«Quando è venuta da noi bastava guardare la sua postura per capire che era vittima di violenza: contratta, chiusa in se stessa, guardinga. Vederla venirmi incontro dopo qualche mese con le spalle larghe, il sorriso e i capelli sciolti mi ha riempita di gioia». Romina Soldati è un’operatrice del rifugio segreto gestito dal centro antiviolenza contro le donne di via Cairoli: è stata lei, tre anni fa, a prendere in carico il caso di Laura (nome di fantasia), una donna che per anni ha subito abusi e maltrattamenti dal marito e alla fine, esasperata, ha deciso di chiedere aiuto. Cambiando radicalmente la sua vita, e quella della sua bambina.

«È stata in struttura un anno e mezzo - ricorda Romina, che del caso di Laura serba un ricordo prezioso - L’abbiamo immediatamente messa sotto protezione, la sua situazione era drammatica. Sia lei, che allora aveva circa 40 anni, sia la figlia, 8 anni, correvano un pericolo concreto. Il compagno di Laura non si rassegnava, come spesso accade nei casi di violenza, a lasciarla andare, e abbiamo dovuto prendere tutte le precauzioni del caso». 

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Il primo passo degli operatori è stato sistemare Laura e la figlia nel rifugio segreto riservato a casi gravi come i suoi, dopodiché è iniziato il lungo e difficile percorso di ricostruzione di un’identità e di un’autonomia per una donna che per anni ha vissuto «segregata in casa, non poteva uscire da sola, non poteva parlare con nessuno, non lavorava, non aveva alcun tipo di legame né rete - ricorda Romina - La prima difficoltà è proprio quella di aiutare le donne che si rivolgono a noi a non tornare sui propri passi quando si sentono mancare la terra sotto i piedi, e le loro sicurezze, pure così pericolose, vengono meno».

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Tra le prime iniziative prese per Laura, la denuncia alle forze dell’ordine per ottenere un’ordinanza restrittiva nei confronti del compagno, e poi l’avvio di un percorso di inserimento lavorativo per garantirle un’indipendenza economica: «Con la nuova legge in vigore abbiamo la possibilità di sfruttare l’aspettativa fornita in caso di allontanamento forzato da casa per casi di violenza - spiega ancora Soldati - Però il tempo concesso è poco, appena 3-4 mesi. Molti casi richiedono molto più tempo per essere gestiti al meglio, e purtroppo molte donne finiscono per perdere il lavoro. Nel caso di Laura, invece, è successo il contrario: lasciarsi alle spalle le violenze ha significato anche trovare la propria strada, nello specifico iniziare una carriera come operatrice sociosanitaria.

«Oggi è felice, realizzata, vive in un appartamento tutto suo con la sua bambina e sta bene - sorride Romina - Il ricordo più bello che ho è quando mi ha detto che con noi ha trovato un ambiente protetto e di supporto, ma non invadente. È una cosa molto importante, spesso nel processo di aiuto può succedere di invadere la sfera privata e spaventare le donne. Che invece devono sentirsi sì sostenute, ma anche libere di realizzarsi. Penso sempre a me stessa come a una traghettatrice: le faccio salire sulla barca con me, le aiuto a passare sull’altra sponda, ma poi voglio vedere le mie ragazze andare da sole. Laura si è fidata, e spero che molte altre scelgano di fare come lei».

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