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Costume e società

Giovani artisti genovesi, il disegnatore Luca Tagliafico e la sua passione per il mare

Non gli piace definirsi un illustratore, ma semplicemente una person che ama disegnare. E disegna da quando è nato

Luca Tagliafico è un illustratore freelance nato a Genova, appassionato di albi illustrati degli anni '50. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, all'ECA di Edimburgo e all'ISIA di Urbino, dove ha sviluppato una passione per i libri pop-up. Essendo nato in una città portuale, dalle sue finestre ha sempre visto il passaggio di enormi navi da carico e velieri, così ha sviluppato una passione per le illustrazioni di mare. È cofondatore di Rebigo-studio di illustrazione, un team di illustratori - Stefano Tirasso, Arianna Zuppello, Matteo Baldrighi, Matteo Anselmo, Alessandro Parodi – con sede a Genova. È lui il terzo protagonista della nostra rubrica sui giovani artisti genovesi.

Come ti chiami e cosa fai nella vita?

Mi chiamo Luca Tagliafico e nella vita disegno. So che sembrerà banale, ci sono un sacco di colleghi che tengono a precisare nello specifico cosa fanno ed è giusto così, a me personalmente piace disegnare e ho continuato a farlo da quando sono piccolo. A tanti importa il ruolo sociale ma a me quello dell’artista sembra veramente altissimo, non mi sento così importante, io disegno perché egoisticamente mi piace disegnare. Non so dirti se mi piace disegnare più per poster o per l'editoria, so però che uso l’illustrazione come strumento di comunicazione, perché alla fine per me questo è. La parte che a me piace personalmente è quella proprio di progetto, ricerca ed esecuzione, non tanto la finalità o il dove il mio lavoro finisce.

Come è nata la tua passione? Come la stai portando avanti?

Fin da quando ero bambino, probabilmente perché leggevo un sacco di fumetti; da piccolino volevo fare il fumettista, crescendo sono andato letteralmente a bottega da uno sceneggiatore e disegnatore della Bonelli, ma studiavo ancora al liceo artistico e non avevo le idee ben chiare. L'impatto con il vero mondo del fumetto mi ha fatto capire che forse non ero pronto per quella strada. Oggi leggo molti meno fumetti, guardo più gli albi illustrati, ho scoperto con il tempo che la dimensione dell’illustrazione mi è più congeniale, soprattutto per la sua ampiezza. I miei genitori mi hanno fatto fare quello che volevo, sono stato molto fortunato da questo punto di vista, mi rendo conto che non è sempre così. Ho avuto la possibilità di frequentare per tre anni l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, e “sbagliando” corso e iscrivendomi al corso di incisione ho conosciuto una ragazza che mi ha parlato di un corso di illustrazione che avrebbe inaugurato ad Urbino, secondo in Italia. Lì nelle Marche, per due anni, ho avuto un approccio molto più soddisfacente e diretto con quello che sarebbe diventato poi il mio lavoro. 

Poi sono tornato a Genova per delle ragioni molto ponderate in verità, perché abbiamo messo su questo gruppo dopo che a scuola ci avevano ripetuto più volte l’importanza del lavoro di equipe. Il confronto è una cosa che a Rebigo portiamo avanti tantissimo, avendo stili e background diversi impariamo molto gli uni dagli altri. C’è chi è legato a tecniche tradizionali, chi ha studiato fumetto e chi narrazione, chi è esperto di colori, abbiamo addirittura provato a spiegare le nostre cose agli altri facendoci dei mini corsi tra di noi. 

Che influenza pensi che abbia Genova sulla tua espressione artistica?

Mentre studiavo per fare questo lavoro ho imparato a guardare le cose diversamente, e quindi guardare la stessa città in maniera diversa, ora mi stupisco meno dello stupore della gente che viene qua. Io non sono del centro, quando uscivo da scuola mi attardavo in centro storico perché non conoscevo le zone e mi facevo delle passeggiate lunghe e senza meta.

Ho cominciato così a notare dettagli che poi in maniera inconscia ho riportato nei miei disegni. Ad esempio il mare. Quando stavo a casa dei miei ero in un quartiere tutto cemento però fortunatamente vedevo il mare, il mare con le barche e i container, e mi è rimasto come fissa. 

Mi rendo conto che nei miei disegni è sempre presente il mare. Mi sono autoimposto questa fissa nel 2016 quando mi hanno chiesto di prendere parte ad un viaggio in barca come disegnatore. Lì il mio terrore è stato: “E adesso come disegno il mare?”. Non avevo considerato che la barca si muove molto, mi sono reso conto che ho preso molti più appunti scritti rispetto a disegnare. Ho iniziato a creare intere cartelle di disegni, foto, situazioni legati al mare e alle barche, di riflessi sull’acqua. Ho iniziato a documentarmi. Qualche anno fa ho realizzato la pubblicità per San Bernardo, dove è presente il mare e un paese della Riviera, simile a Rapallo o Santa Margherita. Senza rendermene conto il tema del mare mi è rimasto dentro, mi sono trovato spesso a disegnare il mare, dopo tanta pratica è diventata una zona di comfort. Provo comunque a mettermi alla prova anche su questo, cercando ad esempio di disegnare il mare senza usare il blu.

Una cosa che ami una cosa che odi di Genova 

La gente. È sia la cosa che amo sia la cosa che odio, ma perché io faccio parte della gente quindi mi ci metto pure io. Sono un po’ banale forse in questa risposta. 

Come e dove ti vedi tra qualche anno? Preferiresti concentrare la tua attività in ambito genovese/ligure o ti vedi in un altro ambiente?

Forse mi piacerebbe fare un giro di nuovo, ma non so dirti né meta né periodo. Ho fatto un Erasmus in Gran Bretagna ed è stato interessantissimo entrare in contatto con l'approccio didattico differente, l’importanza della parte teorica nel disegno rispetto a quella pratica. 

In Francia o in Belgio l'approccio a questo lavoro è completamente diverso e si traduce anche in compensi diversi, ecco non penso sia una cosa brutta ogni tanto sentirsi valorizzati per quello che si fa.

Quali sono secondo te gli aspetti che si potrebbero migliorare qui?

Non si sanno un sacco di cose, non sai che nel palazzo di fronte al tuo c'è uno studio più di un disegnatore della Disney, per citare un episodio che mi era capitato da ragazzino. Forse siamo un po’ noi chiusi, però una volta che hai modo di chiacchierare e scoprire, non c'è nessuno che ti impedisce di indagare e capire cose nuove. Una cosa che ho scoperto è che qui funziona molto meglio il passaparola rispetto che l’uso dei social. Bisogna farsi conoscere. Ed è anche per questo che abbiamo deciso io e i miei colleghi illustratori di aprire uno studio, per far sì che il pubblico ci percepisse in modo unitario e ci riconoscesse. 

Un consiglio quindi che daresti ai giovani che vogliono intraprendere il tuo stesso percorso?  

È una domanda difficile. Io a scuola non uso la mia esperienza come metro di paragone perché io ho agito così perché in quel momento poteva essere una soluzione. Ci sono ormai tante scuole, non necessariamente a Genova, che ti aiutano nel tuo percorso, ci sono tanti professionisti che fanno i docenti e a me questo è servito molto, nessuno di questi ha mai indorato la pillola. 

Il mio consiglio è quindi conoscere fin da subito la realtà che si andrà poi a vivere come professionisti. Nessuno ci ha mai insegnato a un approccio esclusivamente economico bisogna considerare che un disegnatore passa il 30 per cento del suo tempo lo passa a disegnare ma il resto in burocrazia, gestione dei social e commercialista, clienti, riunioni. Nessuno ci ha insegnato a fare un preventivo. Bisogna sempre tenere al centro del focus la passione, ma fare attenzione anche agli altri aspetti.

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