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Costume e società

Genova, quando via Luccoli era «un sentiero in mezzo ad alberi»

Via Luccoli fu chiamata così per ricordare il lucus o luculus, antico bosco sacro che saliva fino all’altura dove sorge la Chiesa dei Cappuccini

Siamo abituati a vedere le strade del centro di Genova circorndate dai palazzi e dal traffico, ma è sempre stato così? Ovviamente no, e non parliamo solo dei quartieri più periferici: prendiamo ad esempio la centralissima via Luccoli, strada di collegamento tra il centro storico e quello "moderno", ricca di locali e negozi.

Com'era questa strada una volta? A svelare il mistero è la storica associazione A Compagna, che in una delle sue newsletter parla proprio di via Luccoli con un articolo a firma di Riccardo Castelli pubblicato su un bollettino del 1932. Dunque 89 anni fa. «Quello scòrsajeu - scriveva Castelli - o rampa finale, che chiude, in certo qual modo, la visuale e, voltando a destra, sale a via Carlo Felice e piazza Fontane Marose, è stato appunto, se non andiamo errati, la ragion prima della trasformazione di via Luccoli, da strada di passaggio e di collegamento, ad una arteria pulsante di vita, ad un ritrovo di bellezza, ad una magnifica esposizione d’arte, di eleganza, di opulenza, fra i ricordi dei palazzi medioevali e lo splendore dei ricchi negozi di mode, brillanti di luci, di ori, di specchi. Negozi dove i pizzi e i ricami, miracolo vago dell’aspo e dell’ago, occhieggiano i morbidi velluti; dove si direbbe che il suggestivo fruscio della seta si confonda colla voluttuosa carezza della pelliccia; dove il candore delle finissime tele di Pissimbono sembra richiamare il tepore delle ben tessute lane di Isolabella; dove i soffici tappeti di Cabib sembrano invitare gli arcuati piedini delle belle signore genovesi; dove le assortite stoffe di Odone sembrano contendere a Iride, figlia di Taumante, i raggianti colori! Via Luccoli nulla ha da invidiare alle maggiori strade della Superba».

Ma la cosa interessante è che Castelli si spinge a raccontare com'era via Luccoli cent'anni prima, ovvero all'inizio dell'800. E da questo brano si capisce anche perché via Luccoli ha questo nome.

«Essa, prima che fosse aperta la via Carlo Felice, ossia circa fino al 1825, proseguiva verso l’alto e faceva una cosa coll’attuale salita di Santa Caterina, ma prima ancora, nell’età di mezzo, come ricorda Amedeo Pescio, piuttosto che una strada era un sentiero in mezzo ad alberi. E invero, come ripetono tutte le Guide, via Luccoli fu così denominata a ricordare il lucus o luculus, antico bosco sacro che saliva fino all’altura dove sorge la Chiesa dei Cappuccini ed era attraversato dal rivo (riâ) che raccogliendo le acque del fossato di Bachernia, per Soziglia e l’attuale via Orefici, metteva foce in mare, donde il cosidetto Ponte Reale. Di secolo in secolo lungo il corso del riâ, trasformato in condotto e coperto, sorsero costruzioni diverse e, in progresso di tempo, case e palazzi, per opera specialmente della famiglia Spinola, un ramo della quale fu detto appunto di Luccoli, in opposizione all’altro ramo detto di San Luca. E qui giova ricordare, fra le costruzioni notevoli di via Luccoli, il palazzo Franzoni all’imbocco della strada, il palazzo Raggio e quello olim Serra, oltre il caseggiato ove si apre il negozio, già accennato, del cav. Pissimbono, e che fu già sede di uffici doganali. È una magnifica costruzione del 1400, restituita in gran parte all’antico splendore».

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