"Vangelo" tra prosa, musica e danza al Teatro della Corte
Tra prosa, musica e danza, il Vangelo rivisitato da uno degli attuali protagonisti della scena teatrale internazionale. Autobiografia e sperimentazione, memoria storico-civile ed esplorazione di esperienze personali. Uno spettacolo corale che si nutre della ricerca del nuovo.
Teatrante di fama internazionale, Pippo Delbono da molti anni abita la scena come luogo di ricerca, lavorando costantemente negli spazi che si vengono a creare tra pubblico e privato, tra autobiografia e storia. Vangelo segna un nuovo passo in questo percorso. Lo spettacolo nasce a Zagabria da un lavoro corale, come opera contemporanea, ma si nutre anche della memoria di chi ha attraversato una delle guerre più feroci degli ultimi decenni, una guerra che ha cambiato la storia, i luoghi e i confini dei paesi balcanici.
La via scenica di Pippo Delbono (Varazze, 1959) trae linfa dalle esperienze da lui compiute con l’Odin Teatret e con Pina Bausch, e dallo studio delle discipline orientali, ma la sua tensione vera consiste nell’invenzione di un teatro che si nutre dell’ascolto reciproco, dell’improvvisazione, dell’esplorazione di esperienze personali. In questo contesto “sperimentale”, Delbono inserisce testi talvolta molto noti che vi ritrovano così nuova origine. La parola si avvale della compresenza della danza, risuonando nel suo silenzio, nel suo gesto muto; la danza a sua volta misura lo spazio e accende il ritmo che lo attraversa. Nascono così drammaturgie fisiche, dove a scrivere sono “corpi senza menzogna” e dove i codici della danza e del teatro s’innestano senza irrigidirsi mai. Funzione fondamentale negli spettacoli di Delbono è giocata dalla musica, che con la sua presa totalizzante toglie lo spettatore dal proprio piano di realtà, per portarlo in un nuovo stadio percettivo.
«Qualche giorno prima di morire – ricorda Pippo Delbono – mia madre, fervente cattolica, mi ha detto: “Perché, Pippo, non fai uno spettacolo sul Vangelo? Così dai un messaggio d’amore. C’è n’è così tanto bisogno di questi tempi”. E io ho pensato subito alle recite che facevo da piccolo nella parrocchia, dove interpretavo Gesù bambino coi riccioli biondi, innamorato anch’io come lei di quel mondo di preti, di chiese, di incensi, di rappresentazioni teatrali. Il Vangelo mi intriga. Contiene messaggi che mi sembrano importanti. Semplici, ma allo stesso tempo rivoluzionari. Possiamo sostituire alla parola “Dio” la parola “Universo”. Di fatto parliamo di qualcosa di più grande di noi, di qualcosa che ha un senso di spiritualità. Ma siamo come viaggiatori sperduti che cercano di capire qualche cosa, senza riuscirci. In particolare fraintendiamo la morte, e quello che viene dopo la morte».