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Cronaca

Ex Ilva, lavoratori ancora in corteo

Dopo l'assemblea in fabbrica, la decisione di riversarsi nelle strade intorno allo stabilimento di Cornigliano

"Basta cassa integrazione e investimenti sugli impianti e sulla sicurezza". Con queste richieste intorno alle 9 di giovedì 22 luglio 2021 ha preso il via il corteo dei lavoratori ex Ilva. La decisione è arrivata al termine dell'ennesima assemblea che si è tenuta in fabbrica.

Poco prima del rientro nello stabilimento è arrivata la convocazione da parte dell'azienda delle Rsu questo pomeriggio per tentare di trovare un accordo sulla cassa integrazione.

"Vogliamo ricordare che in questi quattro anni di gestione Arcelor Mittal nessun investimento è stato fatto nell'impianto genovese", scrive la Fiom Cgil di Genova in una nota. "Quotidianamente - prosegue il sindacato - i lavoratori vivono con la mancanza anche dei più minimi strumenti per la conduzione degli impianti: manca il gasolio per i mezzi interni, le docce nel periodo invernale sono fredde, i pezzi di ricambio a magazzino scarseggiano, sempre più numerose sono le ditte che rifiutano lavori per mancanza di pagamenti arretrati, sulle prestigiose banchine genovesi su sei gru ne funziona una soltanto, ecc".

"Sempre più frequenti sono gli incidenti all'interno dello stabilimento, che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori - prosegue la Fiom -. Ricordiamo a titolo d'esempio: due torri faro cadute, tre rotoli caduti nelle ultime tre settimane, due inizi di incendio nel ciclo latta e nel ciclo zincato solo negli ultimi giorni".

"Inoltre l'arroganza dell'azienda si è concretizzata con la disdetta, comunicata al Mise, del premio di risultato equivalente al 3% della Ral, in violazione dell'accordo sindacale del 6/9/2018. Oltre alla riduzione dello stipendio a causa della cassa integrazione, 400 euro in meno nelle tasche dei lavoratori", spiega il sindacato.

"Ripetutamente - si legge ancora nella nota - le ferie estive sono state tramutate in cassa integrazione guadagni all'insaputa dei lavoratori. In ultimo assistiamo alla messa in libertà dei lavoratori che esercitano il sacrosanto diritto di sciopero, definito impropriamente dall'azienda come sciopero a scacchiera".

"Con questa arroganza e protervia, l'azienda si permette di definire rigide le posizioni del sindacato. Un'Azienda che si comporta da despota asiatico di fronte alle sacrosante istanze dei lavoratori in difesa dei loro diritti - conclude la Fiom -. Noi non cederemo. Chiunque capisce che questo comportamento feudale dell'azienda è possibile grazie al silenzio e all'ignavia dell'attuale governo che non è in grado di fermare i licenziamenti delle multinazionali (Ricordiamo a tutti che Arcelor Mittal è una multinazionale). Infine, se solo il 26% dei lavoratori ha aderito allo sciopero, perché l'Azienda si agita così tanto?".

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