Vendevano su Facebook abbigliamento taroccato, 12 denunce
La guardia di finanza ha individuato nell'entroterra di Chiavari cinque persone, che facevano parte dell'organizzazione. Gli altri risiedono a Catania e nella provincia di Napoli
Le Fiamme Gialle chiavaresi hanno portato a termine un'indagine nell'ambito della vendita online (tramite il social network Facebook) di numerosi capi d'abbigliamento contraffatti delle più famose marche italiane ed estere. L'ultimo atto dell'operazione è stata la segnalazione agli organi amministrativi e la conseguente sanzione per circa un centinaio di clienti.
L'indagine ha portato alla denuncia di 12 persone, tra le quali 5 domiciliate nella provincia di Napoli e altre 2 a Catania, dove sono stati identificati i centri di fornitura degli articoli contraffatti. Nella provincia di Genova, l'attività era gestita da una donna domiciliata nell'entroterra chiavarese, con la collaborazione del convivente e di altre 3 persone della stessa zona.
Nel dettaglio, le indagini hanno consentito di definire le modalità della vendita, che avveniva tramite la pubblicazione di foto, taglie e prezzi su una pagina Facebook visibile ai soli iscritti. Le successive fasi d'acquisto venivano perfezionate attraverso la chat del sito, con richiesta di accredito degli importi su una carta prepagata e conseguente consegna del bene tramite corriere.
Le perquisizioni effettuate presso l'abitazione della donna hanno consentito il sequestro di quasi 100 articoli contraffatti già pronti per essere spediti a vari clienti. L'analisi del computer ha poi consentito di ricostruire tutta la rete di distribuzione, permettendo di quantificare in circa diecimila il numero dei membri iscritti al gruppo Facebook e di indentificare tutti i clienti, i fornitori e i complici dell'illecito traffico.
Le indagini hanno permesso di appurare, nella sola provincia di Genova, la vendita di oltre 700 articoli e ricavi per quasi 40mila euro. L'azione dei militari non si è concentrata solamente sui venditori, ma è stata estesa anche agli acquirenti finali, ai quali è stato contestato l'acquisto di oggetti falsificati. Ciò ha comportato per i clienti il sequestro degli articoli già pagati, oltre all'irrogazione di una sanzione pecuniaria che varia da un minimo di 100 fino a un massimo di settemila euro.
Per i responsabili dell'illecita attività, invece, vi è il rischio di pesanti multe e fino a 4 anni di reclusione.