Spoon River al Teatro dell'Archivolto
«In platea sfilano uno a uno i personaggi resi celebri dalle canzoni di Faber: Trainor il farmacista con i suoi esperimenti chimici, lo scemo del villaggio che impara a memoria l’enciclopedia britannica, il medico ciarlatano e imbroglione, il malato di cuore cui l’anima sfugge via dalle labbra mentre bacia l’amata, il giudice Lively con la sua deformità. Tutti abitanti di una Spoon River che per l’occasione si lega a Staglieno, il cimitero monumentale di Genova. E la luce è tutta per loro, che da tempo sono scivolati nel lato oscuro dell’essere e che parlano e si raccontano sulle note dei brani di De André e Nicola Piovani, sulle musiche originali di Mario Arcari e nelle coreografie di Giovanni Di Cicco. I vivi, per una volta, tacciono e ascoltano il racconto di vite che un giorno sono state. Difficile non riconoscersi almeno un po’ in questi fantasmi e nel loro catalogo di passioni e speranze, delusioni e dolori che ora giacciono sotto una lapide di marmo». Con queste parole Claudio Marradi recensiva su “Liberazione” lo spettacolo Spoon River dell’Archivolto, in scena dal 19 ottobre al 5 novembre 2017 con Ugo Dighero, Elsa Bossi, Rosanna Naddeo e Giorgio Scaramuzzino, insieme con una compagnia di danzatori.
Torna in scena, dunque, lo storico allestimento realizzato nel 2009 e ispirato alla celebre Antologia di Edgar Lee Masters, pubblicata da Einaudi editore, e al poetico e bellissimo album che è Non al denaro, non all’amore né al cielo di Fabrizio De André.
Dunque, nella sala del Teatro Gustavo Modena – ancora una volta svuotata dalle poltroncine, in una sorprendente installazione di Marcello Chiarenza, sorta di bosco metafisico dove si muovono attori e danzatori – riecheggiano le parole di un’umanità tragicomica, meschina e vera, sognatrice e romantica. È la piccola comunità che, nella regia di Giorgio Gallione, si racconta evocando storie impastate di dolori e speranze. Il conformismo, l’ipocrisia, la fede, la schiettezza, le illusioni della vita: è il ritratto di un mondo, di una città, di una o mille vite.