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Cronaca

Hashish dal Marocco per rifornire la piazza genovese, sgominata gang di "grossisti"

Tra loro anche Giacinto Pino, 61 anni, il "boss di Soziglia". Le ramificazioni del traffico si allargavano in diverse regioni d'Italia

C’è anche Giacinto Pino, il “boss di Soziglia” già in carcere per reati legati alla droga tra le persone arrestate nel corso dell’operazione che i carabinieri di Genova hanno ribattezzato “Barbablù”, un’operazione durata due anni che ha smantellato un giro di importazione di hashish destinato non solo alla piazza genovese ma anche a quelle di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Lazio e Sicilia. 

Le persone arrestate sono 14: sei in carcere, sei per cui il gip ha disposto l’obbligo di dimora, due (spacciatori) ai domiciliari. Le accuse sono, a vario titolo, di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti aggravata dalla quantità e portate avanti anche in concorso, ed estorsione aggravata dall’uso delle armi. Per i carabinieri si trattativa di due sodalizi criminali, entrambi impegnati a rifornire di hashish e marijuana Genova e provincia, con carichi smistati anche in altre parti d’Italia. La droga arrivava dal Marocco, via Spagna e Francia, e veniva suddivisa tra i vari spacciatori, sempre dalle stesse persone: proprio i volti, ormai noti, dei fornitori e i riscontri ottenuti attraverso numerosi arresti e sequestri di droga hanno consentito di risalire ai fornitori.

Le indagini erano partite dall'arresto di un pensionato di 79 anni, Ivan Maragno, residente in provincia di Perugia, fermato dai carabinieri al casello di Nervi con circa 80mila euro nascosti all'interno dell'auto. Da qui i militari, coordinati dalla procura, hanno iniziato a risalire la catena, scoprendo che gli umbri raccoglievano i soldi dai ”colleghi" genovesi per gli acquisti di grossi quantitativi di droga, hashish in particolare. Lo stupefacente veniva poi nascosto dentro box affittati da proprietari ignari, e consegnato a pusher più giovani che lo spacciavano in diverse zone del capoluogo ligure, in particolare in centro storico: almeno 40 i chilogrammi di “fumo” acquistati . 

In manette sono finiti, oltre a Pino, anche Emanuele Carlevaro, 68 anni di Genova, Bruno Chiaroni, 72 anni di Genova, Giuseppe Antonicelli, 56 anni, Dragan Stupar, 59 anni, Abderrahman Hadir, 46 anni, originario del Marocco ma residente a Genova. Ai domiciliari sono finiti invece Francesco Baldicchi e Ivan Maragno entrambi di Perugia. L’obbligo di dimora, con divieto di lasciare la propria abitazione nelle ore notturne, è scattato per  i genovesi Luca Castiglione, 55 anni, Marc Mallia Marco, 35 anni, Carmelo Fortugno, 42 anni, Floriana Calogero, 35 anni, , e per Issam Ettaqui, 40 anni, e Issame Lherce, 41 anni, a oggi ancora irreperibile.

Stupar, in particolare, era finito al centro delle indagini dopo essersi accanito contro un pusher che ancora non aveva saldato i suoi debiti: dopo averlo picchiato lo aveva minacciato con una pistola e si era fatto consegnare la Mercedes intestata alla vittima, che avrebbe dovuto saldare una partita di droga arrivata dalla Spagna.

«Siamo partiti dall'osservazione di piccoli spacciatori che ci hanno portati di fatti ai grossisti, scoprendo due sodalizi principali che di fatto si aiutavano - spiega il colonnello Gianluca Feroce, comandante provinciale dei carabinieri - Custodivano ingenti quantità di stupefacenti, sino a tonnellate. Le rotte erano via mare, attraverso navi dall'Africa, e via terra con auto da Francia e Spagna. La merce veniva stoccata in magazzini che venivano cambiati ogni settimana per cercare di eludere i controlli. Con intercettazioni e osservazioni abbiamo scoperto i nascondigli, poi i grossisti, e infine il nocciolo dell'organizzazione».

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