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Martedì, 19 Marzo 2024
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Pista ciclabile, le risposte della Fiab ai dubbi dei genovesi

Continua a far discutere la scelta del Comune sulla pista ciclabile da Boccadasse al centro e nel dibattito social è intervenuto anche il circolo Fiab Amici della Bicicletta di Genova che, con un lungo post, ha provato a rispondere a tutte le domande più comuni

Continua a far discutere la scelta del Comune sulla pista ciclabile che collega Boccadasse al centro e nel dibattito social è intervenuto anche il circolo Fiab Amici della Bicicletta di Genova che, con un lungo post, ha provato a rispondere a tutte le domande dei genovesi, anche sul piano della sicurezza. Ecco le risposte della sezione genovese della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta.

Perché una rete d'emergenza?

«Chiariamo innanzitutto che si tratta dell’emergenza Covid-19 che impone il distanziamento sociale sui mezzi pubblici i quali circoleranno con metà della loro capienza. Oltre a tale imposizione alcune persone per timore di essere infettate potrebbero scegliere comunque di non prendere tale mezzi. Se solo il 10% dei normali utenti del TPL decidesse di fare così passando all’auto o alla moto privata per muoversi ci troveremmo le strade intasate, l’inquinamento in salita e comunque nessuna possibilità di parcheggio in quanto siamo già alla saturazione dei posti (moto comprese). Se invece chi abbandona il mezzo pubblico viene invogliato ad utilizzare la bici o la micromobilità elettrica con una rete d’emergenza non ci saranno i problemi sopra accennati».

Cos'è una rete d'emergenza?

«Una rete ciclabile di rapida realizzazione che prevede la predisposizione di sola segnaletica orizzontale e verticale. Esempi di interventi possono essere: piste ciclabili su corsia riservata – limiti di velocità a 30 kmh – case avanzate per bici – le nuove corsie ciclabili (bike lane) valicabili e ad uso promiscuo introdotte nel CDS dall’ultimo Decreto Ministeriale».

Perché non sono state fatte le ciclabili sui marciapiedi larghi come corso Italia?

«L’intenzione innanzitutto è quella di non sottrarre spazio ai pedoni. Un conto sono le aree pedonali tipo il Porto Antico o Via San Lorenzo dove a norma del CDS le bici possono già andare. Un conto sono i marciapiedi dove le bici non possono circolare e che proprio in questo momento d’emergenza Covid-19 andrebbero al contrario allargati per favorire il distanziamento fra i pedoni. Se ci fai passare anche le bici operi nel senso contrario».

Perché le ciclabili non sono protette da un cordolo o da altro?

«La pista ciclabile in corsia riservata quando è bidirezionale è in genere sempre protetta da cordolo per ovvie ragioni del “contromano” di una delle due direzioni. Quando è monodirezionale non è necessario ma comunque lo si può fare anche se nel caso di corso Italia con fermate bus, cassonetti e parcheggi non sarebbe stato possibile farlo».

Perché non hanno dedicato tutto il lato mare togliendo parcheggi?

«Se si fosse trattato di una ciclabile per svago poteva essere la soluzione migliore e di rapida realizzazione considerando comunque che l’eliminazione dei parcheggi lato mare sarebbe andata in senso contrario agli intendimenti della giunta comunale che i parcheggi non li vuole toccare. Da rilevare poi altre questioni tecniche come l’esistenza comunque di alcuni passi carrabili a lato mare e l’utilizzo più intenso delle auto del primo tratto del corso per svoltare in Via Piave. La pista ciclabile per andare e tornare dal centro invece riesce a convivere con tutto questo e contribuisce a ridurre la velocità dei mezzi a motore che non guasta mai».

Perché dipende da tutti noi la sicurezza delle piste emergenza?

«Se tutti rispettano il CDS problemi non ce ne sono, ad esempio abbiamo percorso Corso Italia in auto, in moto ed in bici rispettando le regole e ci siamo accorti che funziona alla perfezione. Sarà così anche per le altre vie perché le corsie vengono fatte con le giuste dimensioni che evitano, ad esempio di prendere un colpo di portiera dalle macchine parcheggiate».

Perché bisogna passare ad utilizzo di mezzi alternativi?

«Meno inquinamento, meno ingombro, certezza di trovare parcheggio e per lasciare i posti sul mezzo pubblico a chi non si può permettere di fare diversamente (per esempio le persone anziane)».

Come faccio ad usare la bici di inverno o se abito sulle alture?

«Baden Powell diceva non esiste buono e cattivo tempo, ma solo buono e cattivo equipaggiamento. In una città come Genova poi l’inverno non è un grosso problema. Andando in bici si ha un riscaldamento naturale. Le alture possono essere agevolmente raggiunte con le bici a pedalata assistita o con le bici pieghevoli più TPL (questo però a fine emergenza)».

Non sarebbe stato meglio fare le ciclabili sulla corsia di sinistra così da lasciare libero accesso ai posteggi e alle fermate degli autobus?

«Certo anche questa poteva essere una soluzione ma di norma si preferisce evitare la percorrenza a centro strada delle bici perché il ciclista non potrebbe accostare in sicurezza con le auto che procedono alla sua destra e a sinistra avrebbe la mezzeria. Si rileva poi che i posteggi di Corso Italia non hanno una rotazione così esasperata ed il bus 31 non ha una frequenza così continua come ad esempio i bus di Via XX Settembre».

Non si corre il rischio di creare ancora più traffico con macchine in coda?

«L’obiettivo della rete d’emergenza è quello primario di evitare che le auto in città aumentino ma non ci nascondiamo che c’è anche l’obiettivo secondario che addirittura diminuiscano. Comprendiamo che l’auto per alcuni è necessaria e siamo ben lungi da volerla veder sparire ma l’uso distorto dell’auto per fare pochi km va contrastato. All’inizio un po’ di coda potrà anche esserci poi le cose si assestano. Nel caso specifico di Corso Italia non dimentichiamo poi che ha una parallela a monte che è molto larga e poco trafficata. Temiamo che molti passino in Corso Italia perché è bella ma potrebbero anche evitarlo».

Se aumentano i ciclisti in strada non aumenteranno gli incidenti?

«Al contrario, gli incidenti diminuiranno, è scientificamente dimostrato. E’ il principio del safety in numbers, l’unione fa la forza o anche la sicurezza nei numeri. Se le bici sono poche l’automobilista non le percepisce e non le vede. Se invece aumentano abitua l’occhio ed aspettandosi di vederle è meno probabile che non le scorga».

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