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Vaccini, Locatelli: "Terza dose per sani e giovani non è scontata"

Il presidente del Consiglio superiore di sanità ha toccato vari argomenti durante la sua tappa genovese

Il coordinatore del Comitato tecnisco scientifico, Franco Locatelli, è intervenuto questa mattina, 29 settembre, a Genova al convegno 'Meet in Italy for life sciences'. "Dico con estrema chiarezza che per quello che riguarda i soggetti sani e giovani è tutto fuorché scontato che si debba andare verso una terza dose. Questo è stato detto chiaramente anche dall'Agenzia europea del farmaco piuttosto che dalla stessa Oms", ha chiarito Locatelli.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità aggiunge che non va dimenticato "che abbiamo una situazione mondiale globale per cui è importante riuscire a dare copertura a quei Paesi a basso e medio reddito, dove la campagna vaccinale è imparagonabilmente più bassa della nostra".

"La platea della terza dose è già stata estesa - ricorda Locatelli - perché, dopo i soggetti immunodepressi per i quali parlerei di dose addizionale più che di dose 'booster' o terza dose, c'è già stata l'indicazione molto precisa per i soggetti sopra gli ottant'anni e residenti nelle Rsa. E anche per il personale sanitario, dando privilegio agli ultra sessantenni e a chi ha condizioni di fragilità. Per il personale sanitario l'obiettivo è fornire il massimo della garanzia a chi si rivolge agli operatori sanitari e anche per dare continuità e recuperare tutte le prestazioni che sono state inevitabilmente ritardate o interrotte durante il periodo pandemico".

Poi, conclude il coordinatore del Cts, "è chiaro che si potranno considerare anche altre categorie, altri soggetti connotati da fragilità come i cirrotici o i soggetti che hanno grande obesità o coloro che hanno fibrosi polmonare".

Chi ha avuto il covid e ha ricevuto una sola dose di vaccino dovrà aderire alla campagna per la dose vaccinale aggiuntiva? "Non è tanto una questione - la replica di Locatelli - di chi ha ricevuto una dose perché prima ha avuto un'infezione da covid, ma il discorso sulla terza dose o sulla dose aggiuntiva è stato improntato di più sul profilo di rischio dell'individuo".

Quella anti covid e quella antinfluenzale "sono due vaccinazioni largamente raccomandate nelle popolazioni esposte a maggior rischio di sviluppare patologia grave - prosegue Locatelli -, quindi mi riferisco agli anziani e a coloro che si connotano per condizioni di fragilità". Il presidente del Consiglio superiore di sanità aggiunge che "già l'anno scorso abbiamo avuto anche un 50% di dosi antinfluenzali in più: va continuata questa strada anche integrandola con una terza vaccinazione che è la vaccinazione anti pneumococco per i soggetti oltre i sessant'anni, perché le polmoniti da pneumococco possono avere dei tassi di fatalità tutt'altro che trascurabili".

"La campagna vaccinale del Paese, e lo scandisco, è stata chiaramente un successo - ha detto ancora Locatelli -. Abbiamo più dell'82% della popolazione vaccinabile che ha ricevuto almeno una dose e non è un caso che la nostra curva epidemica del covid sia la migliore di tutti i Paesi europei".

"La comunicazione in situazione emergenziale pandemica è qualcosa su cui andrà aperta una riflessione. Si è parlato di infodemia: io dico che qualcuno è diventato preda di incontinenza mediatica. Uso un termine volutamente provocatorio - prosegue Locatelli - perché va evitato di utilizzare situazioni come queste per visibilità personale, dovendosi, invece, privilegiare sia la responsabilità nella comunicazione, sia tutto quello che pertiene a strategie di interesse globale e nazionale".

"Chi rifiuta la vaccinazione non si vuole bene e non vuole bene a chi è vicino, nel senso che non si protegge ed espone i conviventi e i contatti a un rischio, oltre ad esporre i familiari alla possibilità di entrare in una situazione difficile perché chi non è vaccinato è esposto al rischio di patologia grave anche fatale. Il messaggio forte è: se vi volete bene, vaccinatevi".

"In particolare - conclude - l'appello è che si vaccinino gli oltre tre milioni di nostri connazionali oltre i 50 anni di età che per ragioni anagrafiche sono esposti al rischio di sviluppare patologie gravi". Il presidente del Consiglio superiore di sanità, per contro, sottolinea che "l'adesione alla campagna vaccinale nella fascia 20-29 anni è superiore a quella osservata nelle due decadi successive: i giovani hanno dato una grande lezione di sensibilità rispetto a quanto può offrire il vaccino a tutto il Paese".

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