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Coronavirus, lo studio di Gimbe: «Liguria ancora in fase 1, +14% di casi dal 22 al 29 aprile»

La fondazione bolognese ha elaborato i dati relativi al contagio nelle varie regioni d'Italia: la nostra, insieme con Piemonte e Lombardia, si trova ancora in area "rossa"

C’è anche la Liguria fra le tre Regioni che secondo la Fondazione Gimbe si troverebbero ancora in fase 1, e dunque affatto fuori dall’emergenza coronavirus. 

La fondazione, ente indipendente senza scopi di lucro specializzata in analisi scientifica, da inizio epidemia sta raccogliendo ed elaborando i dati diffusi dalla Protezione Civile Nazionale, e ha recentemente messo a punto un grafico in cui ha posizionato le varie Regioni italiane sulla base dell’andamento dell’epidemia. E a pochi giorni dal 4 maggio, data in cui dovrebbe iniziare la tanto agognata fase 2, e nella settimana in cui la Liguria di fatto ha anticipato, in parte, i provvedimenti previsti dal governo, la situazione non appare rosea stando ai ai dati elaborati.

Liguria, Piemonte e Lombardia, insieme con la provincia autonoma di Trento, sono infatti nell’area “rossa” del grafico: nella settimana che va dal 22 al 29 aprile secondo i dati diffusi dalla Protezione Civile si ha avuto un incremento di casi del 14%, e cioè la percentuale più alta rispetto a tutte le regioni. Lo studio conferma che gli ospedali si stanno alleggerendo - meno ricoverati e meno terapie intensive in tutta Italia, Liguria compresa - ma nuovi casi e decessi non riflettono quella curva piatta che ci si aspetta per ripartire e che la Commissione Europea auspica per ricominciare ad aprire. 

Appare anche chiaro, dallo studio, che la situazione - come già detto più volte - è differente di regione in regione: l’80% dei nuovi casi si concentra in cinque regioni del nord, che sono quelle in cui però si concentreranno anche la maggior parte delle persone che torneranno al lavoro. E la Liguria, con il Piemonte, è la regione in cui l’incremento dei casi è maggiore, superiore alla media nazionale.

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L’analisi nello specifico della Liguria mostra come i casi totali da inizio emergenza (compresi i deceduti e i guariti) siano 7.889. Di questi, il 14,6% è composto dai decessi e il 35,6% dai positivi in isolamento domiciliare.

La nota positiva riguarda i guariti, la percentuale più alta (40,1%). A livello provinciale, Genova resta la provincia in “area rossa”, quella con più casi, seguita da Savona. Imperia è in area “gialla”, quella della Spezia invece è in area verde.

Va detto che i nuovi casi registrati in Liguria - che ha il 3,9% dei contagi di tutta Italia - poco hanno a che fare con la maggiore libertà di questa settimana: le conseguenze del parziale allentamento del lockdown si vedranno soltanto tra due-tre settimane, tempo di incubazione medio del virus. E l’aumento di nuovi casi dipende, anche, dall’aumento dei tamponi effettuati sulla popolazione, fattore su cui sia Alisa sia il presidente della Regione hanno più volte insistito.

La risposta del presidente della Regione, Giovanni Toti, allo studio Gimbe

«Siccome i nostri tamponi si dirigono, e giustamente, a verificare il numero di pazienti covid di asintomatici e di situazioni asintomatiche riferite a quella malattia, in luoghi dove la presenza di quel virus è molto importante, uno su tutte le rsa, ma potranno fare statistica anche il personale sanitario che è stato in queste settimane soggetto a screening, è evidente che sui nostri tamponi il numero di soggetti positivi è più alto che altrove dove i tamponi indagano in modo meno mirato su un campione di popolazione più vasta», ha risposto il governatore. «Molto francamente mi sembra piuttosto surreale il dibattito sul fatto che se i tamponi producono contagiati invece di dire che sono fatti bene su campioni che hanno bisogno di essere tenuti sotto stretto controllo, si dice che la situazione va male. No, la situazione va meglio perché conosciamo più nello specifico i soggetti che poi rischiano di infettare altri; se li facessimo a casaccio in mezzo alla strada probabilmente avremmo un minor numero di contagiati per numero di tamponi ma avremmo sprecato dei tamponi, tamponando delle persone che evidentemente non avevamo motivo di tamponare. L'appropriatezza e la cura con cui si usa lo strumento d'indagine diagnostico del tampone produce quando ben usato un numero più alto di contagiati, semplicemente perché li hai cercati nel posto giusto, non credo che sia questo l'indicatore con cui si misura la salute di un territorio anzi la salute del territorio si misura, soprattutto, sui posti letto che sono la vera e unica unità di misura coerente per misurare la potenza della malattia».

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