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Riscaldamento centralizzato: le regole per una buona convivenza tra condomini

Il riscaldamento centralizzato all’interno del condominio è regolato da leggi e direttive che regolano i comportamenti tra condomini, vediamone alcune

Tra le regole che permettono una serena convivenza tra gli abitanti di uno stesso palazzo ci sono quelle che disciplinano il riscaldamento, spesso centralizzato. Questo significa che la caldaia e l’impianto di riscaldamento sono in comune e che quindi sia le spese di manutenzione sia quelle per riparare guasti devono essere ripartite tra i vari condomini.

Capire come funziona il riscaldamento centralizzato e quali sono le spese da sostenere o decidere se distaccarsi è semplice, basta conoscere alcune regole.

Come funziona il riscaldamento centralizzato

Avere un impianto centralizzato in un condominio vuol dire avere un riscaldamento unico e in comune con il resto dei condomini. Questo comporta avere una caldaia più grande, posizionata all’interno del condominio, e spese più alte rispetto ai palazzi con riscaldamento autonomo, perché nelle bollette sarà inclusa anche la quota relativa all’acqua e al riscaldamento.

A partire dal 2016, ogni termosifone presente in casa deve essere dotato di valvole termostatiche che permettono di decidere la temperatura su ogni singolo termosifone, mentre in precedenza la temperatura era fissa. Queste hanno cinque livelli di temperaturada 0 a 5 (il massimo): in questo modo ogni inquilino può gestire i termosifoni in base alle sue esigenze, con un netto risparmio in bolletta. Infatti, in base a una direttiva europea del 2012, ogni termosifone di casa deve avere un contacalorie, un dispositivo che verifica i consumi del singolo appartamento. Di conseguenza si inserisce in bolletta solo quello che si deve pagare effettivamente.

Se nell’appartamento questo adeguamento non c’è stato, si può andare incontro a multe che vanno dai 500 fino ai 2.500 euro per abitazione. In questo caso la prima cosa da fare è rivolgersi all’amministratore e chiedere informazioni, per rivolgersi a una ditta specializzata e mettersi così in regola.

Accensione dei termosifoni

In un condominio con riscaldamento centralizzato, l’accensione non può essere decisa autonomamente ma si basa su una legge nazionale che tiene conto dei limiti in base alla zona climatica di appartenenza della singola regione e alle condizioni climatiche. La legge infatti stabilisce non solo la temperatura massima, ma anche la fascia oraria in cui poter accendere i termosifoni.

Per far fronte alla crisi energetica, quest’anno ci sono state delle modifiche ai normali orari d’accensione per contenere i consumi. In base al piano, si potranno accendere i termosifoni un’ora in meno durante la giornata, con una temperatura massima nelle singole abitazioni di 19 gradi, con due gradi di tolleranza verso l’alto e verso il basso. Inoltre, in questa stagione i riscaldamenti rimarranno accesi 15 giorni in meno, perché il loro funzionamento è stato rinviato di 8 giorni rispetto al normale calendario. Lo spegnimento è stato anticipato di una settimana tenendo conto delle zone climatiche d’appartenenza.

Nel caso di mancata accensione da parte dell’amministratore, i condomini potranno chiedere delle spiegazioni. Il più delle volte la motivazione va ricercata nella mancanza di fondi, ovvero nel fatto che alcuni condomini non abbiano saldato la loro quota. In questo caso si deve convocare un’assemblea per accordarsi con i condomini morosi. Nel caso in cui non si arrivi a un accordo, per far sì che i termosifoni vengano accesi, i condomini possono decidere di pagare di tasca loro la somma di denaro mancante e successivamente intentare causa ai condomini morosi per avere indietro la somma anticipata.

Ripartizione delle spese

Per quanto riguarda la quota, il condomino deve versare:

  • Quota variabile: corrisponde al 50-70% della bolletta totale e di solito riguarda il consumo effettivo del riscaldamento
  • Quota fissa: prende in considerazione i metri quadrati dell’appartamento, quelli cubi dei termosifoni e il calcolo dei millesimi termici

Come staccarsi dal riscaldamento centralizzato

Nel caso non si riuscissero a trovare i giusti accordi, il singolo condomino può decidere di distaccarsi dal riscaldamento centralizzato e per farlo deve ottenere il consenso unanime degli altri condomini. Se gli altri proprietari degli appartamenti non sono d’accordo, allora la persona che vuole avere il riscaldamento autonomo deve contattare un professionista, che dopo un sopralluogo redigerà una perizia nella quale dichiarerà che il distacco del condomino:

  • Non danneggia l’equilibrio termico dell’edificio
  • Non aumenta i costi per gli altri condomini
  • Non danneggia o modifica le funzionalità dell’impianto

Per effettuare la perizia ci vogliono di solito circa 15 giorni e il costo si aggira intorno ai 300 euro. La relazione, una volta stilat,a deve essere inviata all’amministratore che convocherà un’assemblea, in cui i condomini dovranno prendere atto di quanto contenuto nella perizia e al massimo presentare un’altra perizia tecnica in cui si dichiarano gli impatti negativi del distacco del condomino.

Chi riesce ad ottenere l’impianto autonomo, in ogni caso deve contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e al “calore preso dagli altri” se i tubi dell’impianto comune passano anche nel loro appartamento.

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