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Domenica, 28 Aprile 2024
Costume e società

Il museo Frugone compie trent'anni: ecco le 10 meraviglie che custodisce

È dal 1993 che la Villa Grimaldi Fassio, immersa nello splendido contesto dei parchi, custodisce le collezioni dei due imprenditori Lazzaro e Luigi

Dipinti, marmi, bronzi. Il Museo delle Raccolte Frugone compie trent’anni. È dal 1993 che la Villa Grimaldi Fassio, immersa nello splendido contesto dei parchi, custodisce le collezioni dei due imprenditori Lazzaro e Luigi Frugone. Le opere donate dai due fratelli sono testimoni di un’atmosfera nazionale e internazionale frizzante, tipica della Belle Èpoque a cavallo tra Ottocento e Novecento. Tra gli artisti esposti, tre Giovanni più che noti: Giovanni Boldini, Giovanni Segantini, Giovanni Fattori. Insieme a tanti altri che hanno fatto la storia dell’arte moderna. Ecco quali sono le 10 meraviglie che le Raccolte Frugone – parte del polo dei Musei di Nervi insieme alla GAM Galleria d’Arte Moderna, al Museo Giannettino Luxoro e alla Wolfsoniana – custodiscono tra le loro mura. 

1. Il mattino di Antonio Fontanesi

Proveniente dalla collezione di Luigi Frugone che, per ottenerla, cedette quadri di altri artisti, l’opera propone un soggetto ricorrente nel repertorio dell’artista: una figura isolata in un contesto paesaggistico di cui è tuttavia elemento centrale. C’è una perfetta corrispondenza di emozioni e sentimenti tra la figura della contadina e l’ambiente naturale circostante, che rimanda a varie esperienze pittoriche di altri celebri pittori come Costantin Troyon, Camille Corot e Charles Daubigny, apprezzate da Fontanesi durante i soggiorni parigini per visitare l’Esposizione Universale del 1855. La cornice, assai elaborata, venne commissionata e fatta realizzare a Siena da Ferruccio Stefani, mercante d’arte di fiducia del collezionista genovese.

2. L’amazzone al Bois de Boulogne di Giuseppe De Nittis 

L’artista pugliese fu uno dei più apprezzati e riconosciuti artisti nella Parigi della seconda metà dell’800, grazie anche al suo rapporto con il famoso mercante Alphonse Goupil. Unico artista italiano invitato dall’amico Edgar Degas alla prima mostra degli Impressionisti nello studio del fotografo Nadar nel 1974, De Nittis si distinse per le vedute delle città dove soggiornò, Parigi, Londra, approfondendo il tema dell'alta borghesia urbana cittadina, in particolar modo le figure femminili, nell’ambiente urbano in rapida evoluzione da città ottocentesca a metropoli moderne. Il soggetto presentato in quest'opera ritorna in diverse tele di De Nittis che presentano, spesso, soggetti ritratti da un punto di vista rialzato, dal momento che l’artista, come è noto, tratteggiava le scene della vita parigina all’interno di una carrozza apposita che gli premetteva di essere testimone, non visto e da un punto di vista privilegiato, di episodi cittadini. Da sottolineare, inoltre, lo sfondamento del dipinto, sulla destra, che porta fino all’Arco di Trionfo come punto di fuga che compensa le accattivanti figure dell’amazzone e le amiche tratteggiate con cura dei particolari d’abbigliamento, nella parte centrale del quadro.

3. Povero ma superbo di Tranquillo Cremona 

Esponente per eccellenza della Scapigliatura lombarda e di quella reazione antiaccademica che indusse gli artisti bohémiens italiani a preferire i soggetti collegati alla vita reale e quotidiana rispetto alle grandi riproposizioni storiche, Cremona è stato massimo esponente di questo movimento artistico di cui hanno fatto parte anche Luigi Conconi e lo scultore russo Paolo Troubetzkoy, entrambi presenti nelle raccolte Frugone. Il ritratto, le figure femminili e le scene di genere diventano i temi preferiti degli artisti scapigliati, che, in campo pittorico, arrivano alla dissoluzione della forma per un rapporto libero tra luce e colore. Nel caso della tela conservata al museo, comparso in una monografia dell’artista con il titolo Piccolo ciociaro è evidente la dissoluzione delle forme del soggetto, d’ispirazione sociale e leggermente spostato alla sinistra della tela, con il fondo indefinito, tanto da costituire un unico vortice di luce e colore.

4. Fanciulla abruzzese di Francesco Paolo Michetti 

La raffinata e maliziosa Fanciulla abruzzese, databile agli anni Ottanta dell'Ottocento per il tono decadente che la connota, in cui è ritratta una bimba dai biondi capelli spettinati e leggeri come una spuma, vestita a festa, con orecchini, collanina di semi, croci e medagliette al collo, un mazzolino di fiori di campo in mano. Una figura ricorrente nelle opere dell'artista abruzzese, che fu amico e protettore di D'Annunzio, illustratore delle sue tragedie, e animatore di un colto cenacolo di artisti, letterati e musicisti nella sua dimora-atelier al Conventino di Francavilla sul Mare. La qualità del dipinto è esaltata dalla preziosità dell'antica cornice francese.

5. Vegetazione ligure a Riomaggiore di Telemaco Signorini 

Pittore, critico e polemista, Signorini, figlio di un ottimo pittore vedutista fiorentino, fu tra i grandi animatori del gruppo dei Macchiaioli, riunito a Firenze al caffè Michelangelo che, a partire dal 1855, aveva intrapreso una rivoluzione in campo pittorico contro la cultura accademica. Il suo entusiasmo sperimentale lo portano a viaggiare a Venezia e poi in Liguria, nel Levante, dove ritornerà anche negli anni maturi, attratto dall’intensità della luce estiva riflessa e amplificata dal mare.

Questo luminoso paesaggio, esposto alla Biennale di Venezia nel 1897, per molto tempo erroneamente identificato come un Paesaggio all’Elba, testimonia la frequente presenza del pittore nella riviera ligure, con soggiorni estivi alle Cinque Terre tra il 1892 e il 1899.

La composizione del quadro è costruita su una diagonale a partire dal muretto a secco, in primo piano nell’angolo inferiore destro, che delimita un frondoso albero di fico, da cui, attraverso una successione di piani degradanti, si arriva fino all’angolo superiore opposto, aperto sullo scorcio del mare e del cielo. La pennellata, in primo piano più sfatta “a macchia” fino a definirsi nello scalare verso l’orizzonte, ed il colore esaltano la luminosità e la solarità di questo suggestivo contesto ambientale.

6. Gli amanti di Giovanni Segantini 

La tela presenta un abbozzo, in carboncino, di due Amanti realizzati da Giovanni Segantini eformalmente legati a due simili giovani presenti nel noto dipinto del 1896, L'amore alla fonte della vita (Milano, Galleria d'Arte Moderna). “L’amore giocoso e spensierato della femmina, e l’amore pensoso del maschio allacciati assieme dall’impulso naturale della giovinezza e della primavera”, secondo quanto scrisse lo stesso Segantini nel 1896. Lontani, in apparenza, dalle modalità espressive e dalle esuberanti cromie del pittore proprio perché non terminato, le due figure vennero forse realizzate per il dipinto simbolista Il Paradiso terrestre, rimasto interrotto con l'improvvisa morte dell’artista. Intitolato Adamo ed Eva e datato tra 1896 e 1899, presenta le due figure, dai morbidi e fluenti volumi, secondo modi vicini al classicismo.

7. Amazzone di Ettore Tito 

Le opere dell’artista, nato a Trapani ma veneto d’adozione, sono presenti in un grande numero, ben 13 lavori, nelle collezioni dei fratelli Frugone, probabilmente anche grazie all’amicizia che Tito poteva vantare con il gallerista dei due collezionisti, Ferruccio Stefani.

Questa tela ritrae la bella moglie di Tito, Lucia, accompagnata dal suo purosangue e dal levriero di famiglia, Furio, dopo una passeggiata a cavallo. L’opera, di grandissime dimensioni - misura più di 2 metri in altezza - è stata ripensata dall’artista nel corso degli anni. Nella prima versione si presentava più sviluppata nella parte sinistra, dove il corpo del cavallo era totalmente delineato e arretrato sul fondo. L’artista tagliò la tela su tre lati, anche in altezza, eliminando una zampa, una parte del fianco e la punta delle orecchie del grande animale, mentre riduceva l’albero e il prato, sul lato destro, inquadrando e spingendo in primo piano la scena, grazie all’introduzione di una staccionata. Questo elemento, delimitando una prima zona occupata dal cane, separata dal piano occupato dalla donna e il suo cavallo, scandisce la scena che raggiunge una unità compositiva d’insieme di grande forza espressiva.

8. Miss Bell di Giovanni Boldini

Il ritratto, dal piglio vivace e disinvolto, è contraddistinto da un’inquadratura che coglie l’elegante giovane donna (forse identificabile con un’attrice della Comedie Française, Marie Jeanne Bellon, conosciuta come Miss Bell) dall’alto verso il basso: la composizione è riequilibrata dal movimento a spirale delle fruscianti vesti, che, unitamente ai veloci e sintetici "colpi" di pennello, conferisce ariosità e slancio all’insieme. Il contrasto tra il colore nero del fiocco e della capigliatura, il biancore luminoso del decollété, il rosso cangiante del vestito contribuisce a conferire al dipinto, ancora oggi, un impatto emozionale molto forte, tanto da farne, spontaneamente, l’immagine-simbolo delle Raccolte Frugone.

L’opera, firmata e datata 1903, venne acquistata da Luigi Frugone nel 1926 dal mercante Ferruccio Stefani. In una lettera il collezionista non nasconde il proprio entusiasmo per il possesso del dipinto, per il quale usa l’aggettivo "insuperabile". Il dipinto in realtà era destinato alla marchesa Matilde Giustiniani Pallavicini Durazzo di Genova, che voleva avviare una raccolta di opere d’arte moderna. Ma Stefani non rinunciò a proporlo a Luigi, per il rapporto amichevole e privilegiato che con l’industriale aveva avviato, e glielo vendette per 130.000 lire. Nel 1932, alla XVIII Biennale veneziana, in occasione della retrospettiva dedicata a Giovanni Boldini, Miss Bell venne esposto con l’esplicita indicazione della proprietà di Luigi.

9. Buoi in riva all’Arno di Giovanni Fattori

Restituito agli anni 1870 - 75 dallo studioso Andrea Baboni nel catalogo generale delle Raccolte Frugone (2004), questo autentico capolavoro di Giovanni Fattori, figura di spicco del gruppo dei Macchiaioli, entra nella collezione dell'imprenditore genovese Gio. Batta Lazzaro Frugone (Genova 1860 - 1935) dopo il 1929, quando l'opera era ancora documentata nella Raccolta Vallecchi, dopo essere stata, fino al 1928, nella proprietà di Mario Galli, noto collezionista di opere fattoriane; nel 1921 fu esposto alla Prima Biennale Romana e registrato come appartenente al cavalier Attilio Materazzi.
Fattori dedica al paesaggio fluviale toscano, e in particolare a uno scorcio dell'Arno e delle sue sponde, forse nella zona tra Bellariva e l'Indiano, una visione dall'immobilità solenne ed emozionata che trova una eco nella tela L'Arno a Bellariva, oggi in collezione privata livornese. Il colore di entrambe, dalle numerose sfumature di verdi, di grigi e violetti, di bianchi impastati di una luce vibrante, si dispongono, come tessere in un mosaico, spesso ben delimitate dal segno di contorno sovrapposto al colore, a comporre le vedute. Arricchisce il dipinto delle Raccolte Frugone e ne ribadisce la silenziosa immanenza spaziale, il bianco castone del gruppo di buoi e il carro coi blocchi di marmo al centro della tela, esaltati e arginati dallo spumoso fondale di verzura sulla destra e dalle coordinate orizzontali delle rive. Altro elemento distintivo, nel dipinto del museo genovese, è la presenza di una figura di contadino concepita dal pittore toscano come un insieme di poche macchie cromatiche incastrate nel gonfio ventre di un bove, a significare l'azzeramento gerarchico nell'iconografia fattoriana a favore dell'essenza di una natura restituita nella perfetta sintesi di luce e colore.

10. Ritorno dalla pesca di Joaquin Sorolla y Bastida 

Il dipinto raffigura alcuni pescatori che trascinano a riva una barca. L’impostazione della scena, che vede in primo piano a destra una figura in piedi in parte tagliata fuori dalla tela, prolunga esternamente l’azione, creando la suggestione dell’avanzamento reale della barca dal mare verso lo spettatore. L’azione si svolge in tarda serata, come indicano le ombre lunghe lasciate dalle figure e dall’imbarcazione sulla riva, al rientro dei pescatori dopo una dura giornata di lavoro.

Nei primi anni del Novecento la pennellata di Sorolla diventa più sciolta, rapida e corposa e costruisce l’immagine per zone di luce e ombra, mosse da un segno spesso e serpentiforme, secondo una pittura che antepone le macchie di colore al disegno. In Ritorno dalla pesca, opera firmata e datata 1904, l’artista ottiene effetti cromatici vibranti grazie ad una tavolozza in cui i colori ocra, azzurro e bianco si rincorrono in ogni elemento della rappresentazione; l’equilibrio cromatico e formale della composizione è animato dalla vasta porzione di ombra proiettata dalle figure e dall’imbarcazione sulla riva del mare in contrapposizione al chiarore del riverbero della luce sull’acqua e sulle altri parti che compongono il dipinto.

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