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Carlo Felice, la versione di Alvarez: “Sono sempre stato allergico al fumo”

Il tenore dopo una settimana dalla prima di Manon Lescaut ritorna sui motivi dell’abbandono del palcoscenico: “Non adatto a queste produzioni moderne con locomotive in scena”. La spiegazione e l'opinione del maestro Andrea Elenam, che ha cantato 90 ruoli nella sua carriera, sulle regie moderne

"Vorrei dire la mia su quanto è successo a Genova, nella produzione di Manon Lescaut". A una settimana dall'abbandono del palcoscenico del Carlo Felice, il tenore spiega la sua versione dei fatti con un post su Facebook.

Dopo le scuse rivolte al pubblico e allo staff del teatro, Alvarez torna sulla questione del fumo in scena: "Sono sempre stato allergico al fumo scenico e ne fa fede un certificato che porto sempre con me in tutti i teatri del mondo dall’inizio del millennio, a firma della celebre foniatra Maria Elena Berioli". 

La voce, essendo uno strumento naturale, risente delle condizioni ambientali indispensabili per una buona resa degli interpreti. Maria Callas durante una famosa recita di Norma a Roma, alla presenza dell’allora presidente della Repubblica Gronchi, abbandonò la scena probabilmente infastidita dai fumi: "La voce deve essere tutelata da un certo rispetto che oggi come oggi, e in maniera molto più evidente di allora, le varie regie moderne non tengono in considerazione", spiega il maestro alassino Andrea Elena che, come tenore protagonista, ha cantato oltre 90 ruoli.

Alvarez, continua nel suo post, spiega che nella ormai famosa recita del 25 marzo la sua condizione vocale era perfetta ma: "Una volta giunto nel retroscena ho cominciato a sentire un piccolo disagio, che si è aggravato appena sono entrato in palcoscenico - scrive il tenore - Non capisco come siano possibili le produzioni pensate con il fumo nel periodo attuale con le vigenti restrizioni sanitarie. Apparentemente non sono un interprete adatto per cantare queste nuove produzioni di Manon Lescaut in presenza di locomotive - mi toccherà cantarle in carrozza così come l’aveva scritto Puccini...".

“Questa esagitata rincorsa allo spettacolarismo da parte dei registi non è ammissibile - continua il maestro e tenore Andrea Elena - L’opera è sempre stata la voce e oggi come oggi nel teatro d’opera c’è un'invasione di figure che pretendono di stravolgere tutto quanto e alla fine chi ne risente è il protagonista, il cantante che è la base sulla quale l’opera deve essere proposta”. 

L'eclettismo vocale di Andrea Elena gli ha consentito interpretazioni di altissimo livello, oltre che nel classico repertorio operistico, anche in brani tratti da oratori, musica sacra, musica antica e moderna. Dalla Scala di Milano è iniziato un percorso che lo ha visto inserito nei cartelloni dei più prestigiosi teatri del mondo, accanto a molti dei grandi nomi della lirica internazionale. “Le regie dei giorni in cui viviamo sono delle offese agli autori e ai compositori ma se il pubblico, ormai diseducato alla bellezza della musica, va ad applaudirle, bisogna dire che allora l’opera se non è morta e moribonda".

Il tenore alassino ricorda un'esperienza personale: "In un teatro tedesco, nel terzo atto del Don Carlo quando il protagonista da me interpretato è imprigionato, mi ritrovai in una gabbia per uccelli appeso al soffitto; ero giovane avevo bisogno di lavorare, ma se fosse stato oggi non avrei accettato di fare una cosa del genere”. Non a caso si dice 'far valere la propria voce': "I registi non possono venir a dettar legge invadendo un campo che non gli appartiene, stravolgendo tutto quanto soltanto per portare l'acqua al proprio mulino. Il Ministero dello spettacolo dovrebbe intervenire perchè i giovani che si accostano all'opera vedendo queste produzioni poi si disabituano a frequentare il teatro e la realtà importantissima che è tipicamente italiana cioè il melodramma va a finire che non interessa più a nessuno e questo sarebbe un danno enorme anche dal punto di vista economico perchè di cultura si può vivere, non soltanto sopravvivere".

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