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Cronaca

Dal cibo all'allontanamento forzato: ecco perché non si possono aiutare le orche in porto

Perché il pod non lascia il porto? Davvero non si può fare nulla per loro? Dopo 12 giorni di osservazione, gli esperti provano a fare chiarezza

Potrebbero essere malate, o avere ingerito plastica, le orche che ormai da 12 giorni stazionano nelle acque del porto di Pra’-Voltri. Dopo alcuni falsi allarmi che avevano riacceso le speranze, giovedì mattina le 4 pinne nere sono state nuovamente avvistate in rada, e per biologi ed esperti le cause di un comportamento così anomalo sono ancora sconosciute, e la speranza è che le registrazioni dell’idrofono, calato in mare qualche giorno fa, possano contribuire a fare chiarezza, o quantomeno a identificare l’esatta provenienza del pod.

A oggi la famiglia, con tutta probabilità appartenente alla colonia di Gibilterra, è ridotta a 4 esemplari: mamma orca e tre altri cetacei adulti, uno dei quali molto giovane, che continuano a nuotare in un fazzoletto di mare con sporadiche uscite in mare aperto per cacciare. Il piccolo, ormai morto, è stato abbandonato dalla mamma dopo giorni di strazio in cui ha provato inutilmente a “rianimarlo” sollevandolo verso la superficie con il muso.

L’ipotesi e la speranza era che il pod si sarebbe allontanato una volta elaborato il lutto, ma così non è stato, e le orche adesso appaiono denutrite, inevitabile vista la permanenza in acqua a loro non familiari e la scarsa presenza di prede nella zona in cui stazionano. Un’ora adulta mangia infatti circa 50 kg di pesce al giorno, che moltiplicato per tutto il pod farebbe 200 kg di pesce da reperire nella zona del bacino portuale.

Il caso delle orche genovesi ha calamitato l’attenzione mondiale, e suscitato reazioni “emotive” tra i tanti che si sono presi a cuore il destino della caparbia mamma orca e dei suoi compagni. E la domanda che rimbalza a ogni nuovo aggiornamento è la stessa: «Ma davvero per loro non si può fare nulla?».

A rispondere ha provato Whalewatch, organizzazione che sin dal primo avvistamento del pod ne ha seguito i movimenti: ecco le loro spiegazioni ai quesiti più comuni.

Orche a Genova, perché restano in porto?

«Avendo a che fare con animali liberi è molto difficile stabilire le cause di questo comportamento anomalo - spiegano da Whalewatch - I ricercatori hanno constatato che il piccolo, ormai morto, nuotava autonomamente all'arrivo del gruppo a Genova. Da almeno un paio di giorni la madre lo ha abbandonato ma, nonostante ciò, le 4 orche rimaste continuano a nuotare nelle acque portuali. Per questo motivo, i ricercatori sono concordi nell'affermare che vi è una causa differente che impedisce alle orche di allontanarsi da Genova. La morte del piccolo risulta quindi una conseguenza a un fattore principe poiché, quando all'interno di un gruppo di animali c'è un qualsivoglia "problema" è naturale che i primi a risentirne siano gli individui più giovani.

Orche a Genova, perché non allontanarle di forza?

«Dall'analisi effettuata dai ricercatori sui dati raccolti, è quasi certo che le orche non abbiano perso l'orientamento e non siano bloccate all'interno del porto poichè riescono tranquillamente a entrare e uscire dalle stesse - è la risposta di Whalewatch - Allontanarle quindi in modo forzato (segnali acustici, rumori vari, ...) potrebbe facilmente non portare a nulla dal momento in cui, cessato il disturbo, le orche tornerebbero in porto».

Orche a Genova, perché non dare loro da mangiare?

«Dal confronto che i ricercatori fanno con altri casi più o meno simili - sottolineano ancora da Whalewatch - essendo animali selvatici e in grado di procurarsi da soli il cibo, sarebbe inutile cercare di somministrare loro del cibo (solo i delfini degli acquari prendono il pesce dalle nostre mani). Inoltre la quantità di cibo richiesta non è per nulla trascurabile: un'orca adulta necessita di almeno 50 kg di pesce al giorno».

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