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Coronavirus e mare, le ipotesi per l'estate in Liguria: no al plexiglass, sì ai lettini distanziati

Negli stabilimenti liguri partono i primi lavori per l'allestimento in vista di una stagione che ancora non si sa quando potrà partire

Nei giorni in cui in Liguria i titolari degli stabilimenti balneari iniziano a lavorare per l'allestimento grazie all'ordinanza regionale firmata dal governatore ligure Giovanni Toti, la domanda più frequente non soltanto tra gli addetti ai lavori, ma anche tra tutti i liguri, e gli italiani, che ormai da due mesi sono in "lockdown", è la stessa: quest'estate si potrà andare al mare?

Una (non) risposta è arrivata dalla sottosegretaria al Ministero della Cultura e del Turismo, Lorenza Bonaccorsi, che ha chiarito che «tutti noi speriamo di andare al mare, ma la priorità va sempre alla salute dei cittadini, non possiamo permetterci di sbagliare. A rincarare la dose, come una doccia fredda, sono arrivate le parole della presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, che ha messo in guardia: «Aspettate a prenotare le vacanze».

E in Liguria, regione dove la maggior parte degli introiti economici arrivano dal turismo, soprattutto quello estivo, si guarda con preoccupazione a una stagione che non potrà partire sino a quando il governo non annuncerà la fine dell'emergenza, e non chiarirà come gli stabilimenti potranno aprire al pubblico per accogliere clienti.

«Toti e Scajola hanno agito per tempo e sono stati bravissimi a firmare un'ordinanza necessaria - riflette Claudio Galli, presidente Gruppo Concessionari SIB (Sindacato Italiano Balneari) di Genova e titolare dei Bagni Liggia -  ma il problema non si è risolto. Innanzitutto va chiarito quando partirà la stagione balneare, si parla di 30 giorni dopo la fine dell'emergenza e l'attuale dpcm l'ha fissata al 3 maggio, ma il termine potrebbe essere prorogato. Per come stanno le cose oggi, comunque, sicuramente non si parte prima di giugno. Il problema è che stabilimenti chiusi hanno bisogno di molto lavoro, interventi che solitamente portano via un mese, un mese e mezzo a seconda degli stabilimenti. Inoltre bisogna riassumere le persone prima di farle lavorare, o vanno tolte dalla cassa integrazione quelle che ci sono».

Questi sono però solo la punta di un iceberg fatto di problemi molto più sostanziali. Primo tra tutti, come è possibile garantire le misure di distanziamento sociale necessarie per prevenire il contagio in un ambiente come la spiaggia, e come provvedere alla sanificazione di ambienti decisamente "promiscui".

«Non pensiamo soltanto alla distanza tra ombrelloni e lettini - conferma Galli - Pensiamo anche al bar ristorante e alla distanza da tenere ai tavoli, gran parte delle entrate arrivano da lì. E poi le mascherine, non solo per il personale, ma anche per i clienti. Concettualmente la spiaggia è quanto di più distante ci possa essere dal distanziamento sociale, e questo è in virus con cui dovremo convivere per un ble po', almeno su questo gli esperti sono d'accordo. Ne siamo consapevoli, sappiamo che sarà una stagione in perdita, ma qualcuno ci deve dire come possiamo aprire e come dobbiamo comportarci».

L'ipotesi dei gabbiotti in plexiglass avanzata da un'azienda modenese è, per Galli,«una stupidaggine. Al di là delle difficoltà logistiche legate all'installazione delle pareti divisorie, immaginiamo persone dietro una lastra di plexiglass sotto il sole, il calore, per non parlare del fatto che la lastra potrebbe anche essere pulita a inizio mattinata, ma dopo poche ore risulterebbe completamente appannata, tra sabbia e salino. E poi le mareggiate, le libecciate: si trasformerebbero in un pericolo».

Il distanziamento tra lettini e ombrelloni è, a oggi, l'unica soluzione percorribile per Galli: «Ne metterei giù meno, ma tanto verrebbero meno persone. Sappiamo che dall'estero il turismo si azzererà, e che eventuali clienti saranno quelli del turismo di prossimità, ma per quanto le persone abbiano voglia di andare al mare, resta il fatto che molti non avranno possibilità economiche per farlo, e che venire al mare senza poter fare quattro chiacchiere o pranzare con gli amici di sempre, una partita a carte, un bagno, o semplicemente prendere il sole senza mascherina, disincentiverà moltissime persone».

La previsione di Galli è di una stagione in cui il fatturato, per gli stabilimenti balneari, calerà del 70%: «Bisogna anche pensare ai costi, il canone demaniale, che non sappiamo se resterà lo stesso e cui deve pensare lo stato, e poi le tasse, la Tari prima tra tutte, ora solo sospesa e non cancellata. E poi il personale: per sanificare gli ambienti sarà necessario assumere operatori in più, specializzati, e noi abbiamo il nostro storico personale che di sicuro non possiamo lasciare a casa. Dovremo aprire - sentenzia Galli - perché non possiamo certo chiudere, il passaggio alla battigia tra l'altro deve essere garantito».

La stagione estiva, insomma, è sempre più un miraggio, non solo per chi il mare lo frequenta abitualmente, ma anche per chi con le spiagge lavora e vive: «Qualche giorno fa mi ha chiamato una cliente storica - conclude Galli - Aveva prenotato parecchi mesi fa per luglio, mi ha detto che il marito è mancato proprio per il coronavirus. Mi sono offerto di restituirle la caparra integralmente, dobbiamo ricordarci che a molti questa esperienza è andata nel peggior modo possibile, con la perdita della vita. Noi sappiamo che perderemo denaro, che sarà una stagione in perdita, speriamo soltanto che ci aiutino a perdere il meno possibile».

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