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Luca Pastorino

Giornalista Genova Today

"Samp, troppo presto per mollare": perché Stankovic ha dovuto ricordarlo

La frase pronunciata dal tecnico serbo scuote l'ambiente dopo l'ennesima sconfitta, preoccupano i numeri, ma anche i passi indietro sul piano dell'atteggiamento: prima della sosta ci sono le sfide con Torino e Lecce per rimanere agganciati al treno salvezza

"È troppo presto per mollare". La frase pronunciata da Dejan Stankovic al termine di Sampdoria-Fiorentina pesa come un macigno, perché arriva a inizio novembre, dopo 13 giornate, con ancora 25 partite da giocare e 'solo' tre punti di distacco dalla zona salvezza, cinque squadre in quattro punti e solo due posti per la sopravvivenza. Può succedere ancora di tutto.

Eppure il tecnico serbo ha sentito il dovere di ricordare ai suoi ragazzi che non è ancora finita pronunciando una di quelle frasi che, di solito, sentiamo in primavera, in quella disperata 'guerrilla' che diventa la lotta per non retrocedere, casa per casa, giornata per giornata, come a Stalingrado.

Il lungo inverno deve ancora arrivare, ma l'allenatore blucerchiato sente già di 'non avere altra terra oltre il Volga' e così chiede ai suoi di lanciare subito una controffensiva. Una settimana decisiva, due battaglie contro Torino e Lecce (vero e proprio scontro per la vita) e poi la lunga pausa per il mondiale in Qatar. Bisogna rimanere aggrappati al treno, in qualsiasi modo.

La frase pronunciata da Stankovic, però, rappresenta anche un forte campanello di allarme perché la Sampdoria vista nel secondo tempo contro la Fiorentina è sembrata davvero una squadra alle corde, incapace di reagire, molla, quasi rassegnata. E questo, a un terzo del campionato è inaccettabile. Un deciso passo indietro rispetto a quanto visto contro l'Inter quando, al netto dei goal presi e degli errori individuali, i giocatori in campo hanno lottato fino al triplice fischio. E l'involuzione preoccupa, perché ha riportato alla mente l'atteggiamento visto spesso nell'ultimo periodo della parentesi Giampaolo. Un dato su tutti: un solo cartellino giallo in 90 minuti, in una partita fondamentale per il futuro. Inaccettabile, anche questo.

Preoccupa l'atteggiamento, ma preoccupano ovviamente anche i numeri. Una sola vittoria in 13 gare, il peggior attacco per distacco (6 goal) abbinato alla quarta peggior difesa (23 goal), e poi l'ennesima rete presa in avvio, la solita distrazione pagata a caro prezzo, la difficoltà a creare occasioni da goal e l'incapacità di reagire e rimontare dopo essere andati in svantaggio. Paure ataviche, che riafforano. E terrorizzano.

Deki aveva dato la scossa mostrando una Samp combattiva, coraggiosa e capace anche di soffrire come a Cremona, ma contro la Fiorentina sono riapparsi i fantasmi e no, non si può andare in guerra con un cucchiaino. Probabilmente nemmeno con un moschetto contro i carri armati, ma provarci è quantomeno doveroso e questo il tecnico serbo lo sa bene e ha voluto ricordarlo davanti ai microfoni.

Lo merita la storia della società, lo meritano i tifosi, ancora una volta commoventi. Stadio pieno, colori, canti e bandiere. L'ennesima prova d'amore incondizionato nonostante una situazione drammatica, figlia di otto anni difficili da digerire che hanno portato la Sampdoria in un tunnel senza fine, ancora senza luce, con una cessione che sembra ormai diventata una telenovela e un futuro che rappresenta sempre di più un'incognita. Ma che non deve nemmeno essere un alibi per chi scende in campo. Mai.

La battaglia non è ancora finita, ha fatto bene Stankovic a ricordarlo a tutti coloro che adesso sono chiamati a dimostrare in campo di essere uomini, lottando fino alla fine, nonostante le difficoltà. Comincia infatti una delle settimane più importanti della storia della Sampdoria. Contro Torino e Lecce servono cuori caldi come quello di Deki, per lottare nel fango, aggrapparsi a una speranza e far partire la lunga marcia verso Berlino. Non c'è altra terra per noi oltre il Volga. 

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