Genova, la Regione investe in prevenzione
In Liguria si comincia il 2014 con la volontà di risanare parte del territorio flagellato da frane e alluvioni.Investimento di 13 milioni di euro per la messa in sicurezza della collina di Casanova
La Regione Liguria, dopo aver chiesto lo stato di emergenza in seguito ai danni provocati dal maltempo tra il 25 e il 26 dicembre, oggi ha pubblicato la notizia di un investimento di 13 milioni di euro per la messa in sicurezza della collina di Casanova, sulle alture di Varazze.
Già ieri è stata diffusa la notizia del primo intervento che la Regione Liguria finanzierò quest'anno: riguarda il ripristino della viabilità che collega il tunnel di Ferriere con la strada 225 della Val Fontanabuona. Questo tratto di strada ha avuto un pesante cedimento causato dalle piogge di Natale. La vallata è già stata duramente colpita dal crollo del ponte di Carasco: i mezzi pesanti sono costretti a raggiungerla dal tunnel, e la frana, proprio alla sua uscita, obbliga a transitare con un senso unico alternato. Grazie al finanziamento regionale la Provincia potrà predisporre il progetto e assegnare i lavori nei tempi più brevi possibili.
Nell'ottobre del 2010 la collina di Casanova, sulle alture di Varazze, è stata sconvolta dall'alluvione. Nessuna vittima per fortuna, ma gravissimi disagi con alcune abitazioni crollate e numerose in pericolo. Interrotta anche la viabilità: per molto tempo si è utilizzato un by-pass provvisorio. La Regione ha deciso di investire circa 13 milioni di Euro per una completa messa in sicurezza. Le case ora sono stabili ed è stata ripristinata la strada. Entro la fine dell’anno saranno completate tutte le opere gestite dal Comune di Varazze e dalla Provincia di Savona. Ed è rilevante il fatto che – in un paese nel quale normalmente si fatica persino a riparare i danni – in questo caso sia prevista anche l'eliminazione delle cause che hanno determinato conseguenze così gravi, con la messa in sicurezza di tutto il sistema dei corsi d'acqua dell'area.
Sembra che in Liguria qualcosa dal passato sia stato appreso: prevenire è meglio che curare.
Che il nostro Stivale sia, per la maggior parte, a rischio idrogeologico è cosa ben nota. Il più recente documento dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (A. N. B. I.), fotografa con estrema chiarezza la situazione: i comuni a elevato rischio idrogeologico sono 6.633 (oltre l’80 per cento), le persone che abitano in un territorio ad alto rischio toccano quota 6 milioni e quelle in zone a rischio medio 22; gli edifici esposti a frane e alluvioni sono 1.260.000 (dei quali 6.251 scuole e 531 ospedali). La Penisola ha bisogno di costanti e organiche azioni di manutenzione anche per l’intensa urbanizzazione e la forte antropizzazione: conta 189 abitanti per chilometro quadrato (contro i 114 della Francia e gli 89 della Spagna), che vanno dai 68 della Sardegna ai 420 della Campania.
È importante a questo punto definire che cosa si intenda per dissesto idrogeologico. Si definisce così l’effetto di quell’insieme di processi morfologici che producono modificazioni territoriali in tempi da relativamente a molto rapidi, spesso interagendo in modo negativo o distruttivo sulla vita e le opere dell’uomo, assumendo di conseguenza una grande rilevanza sociale ed economica. Non necessariamente si tratta di fenomeni legati al “degrado” del territorio, spesso in realtà riguarda anzi quei fenomeni naturali, quali frane, smottamenti, processi erosivi e fluviali, che nel corso di centinaia di migliaia di anni hanno modellato il paesaggio, rilievi, coste e pianure. La stessa influenza dell’uomo su tali processi non è ben quantificabile, sebbene alcune modifiche dirette del territorio (disboscamenti e usi del suolo non idonei) e altre indotte sul clima a scala globale possono certamente averne intensificato l’azione. È un dato di fatto comunque che i costi a carico della collettività conseguenti al dissesto idrogeologico sono in continuo aumento e motivano gli sforzi, che non sono però mai abbastanza, per le attività di conoscenza, previsione, prevenzione e mitigazione degli effetti.
Qui l’elenco dei comuni in provincia di Genova, con il relativo livello di rischio, così classificato secondo il Consiglio Nazionale dei Geologi e l’ANBI: molto basso è lo 0; basso è 1; medio è 2; elevato è 3; molto elevato è 4:
- Arenzano 4
- Avegno 3B
- Bargagli 3B
- Bogliasco 3B
- Borzonasca 3A
- Busalla 3B
- Camogli 3B
- Campo Ligure 3B
- Campomorone 3B
- Carasco 3A
- Casarza Ligure 3A
- Casella 3B
- Castiglione Chiavarese 3A
- Ceranesi 3B
- Chiavari 3A
- Cicagna 3B
- Cogoleto 4
- Cogorno 3A
- Coreglia Ligure 3B
- Crocefieschi 3B
- Davagna 3B
- Fascia 3A
- Favale di Malvaro 3A
- Fontanigorda 3A
- Genova 3B
- Gorreto 3A
- Isola del Cantone 3A
- Lavagna 3A
- Leivi 3A
- Lorsica 3A
- Lumarzo 3B
- Masone 3B
- Mele 3B
- Mezzanego 3A
- Mignanego 3B
- Moconesi 3B
- Moneglia 3A
- Montebruno 3A
- Montoggio 3B
- Ne 3A
- Neirone 3B
- Orero 3A
- Pieve Ligure 3B
- Portofino 3B
- Propata 3A
- Rapallo 3B
- Recco 3B
- Rezzoaglio 3A
- Ronco Scrivia 3B
- Rondanina 3A
- Rossiglione 3B
- Rovegno 3A
- San Colombano Certenoli 3A
- Santa Margherita Ligure 3B
- Sant'Olcese 3B
- Santo Stefano d'Aveto 3A
- Savignone 3B
- Serra Riccò 3B
- Sestri Levante 3A
- Sori 3B
- Tiglieto 4
- Torriglia 3B
- Tribogna 3B
- Uscio 3B
- Valbrevenna 3B
- Vobbia 3A
- Zoagli 3B