«Sto a casa e non mi lamento. Ma c'è chi continua a sputare sul mio sacrificio»
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di un giovane lettore.
Sono uno studente fuori sede di 23 anni rimasto a Genova prima del lockdown. Oggi (venerdì 17 aprile ndr), per la prima volta dopo dieci giorni, sono uscito a fare la spesa e la situazione che ho trovato in via Torti mi ha veramente lasciato basito: traffico assolutamente fuori dal normale, gruppi e gruppi di persone intente a sbrigare faccende; moltissimi senza mascherina. Scioccante vedere un gruppo di tre anziani chiacchierare amabilmente a lato strada con la mascherina abbassata.
Ora, a me non interessa fare polemica gratuita, è una cosa a cui non ho mai pensato e mi trovo in imbarazzo ad espormi in questo modo, fatto sta che con la mia coinquilina da inizio emergenza saremmo usciti per la spesa e basta non più di 5 volte in tutto. Se vogliamo, arrotondiamo a 8 per buttare la spazzatura nel cassonetto sotto casa.
Qual è il mio problema? Il mio problema è che non vedo la mia famiglia da un mese e mezzo e non mi lamento. Non vedo i miei amici e i miei affetti da altrettanto, e non mi lamento. Ho perso due occasioni di lavoro molto importanti, e non mi lamento. La pandemia mi sta togliendo giorni verdi, e non mi lamento. Sto a casa, e non mi lamento. Continuo a stare a casa, e non mi lamento. Sto a casa.
Voglio ricominciare a vivere come tutti, e il mio problema nasce nel momento in cui masse di gente egoista e irresponsabile (non voglio generalizzare sull'età, ma invito tutti a riconsiderare molto il loro "eh ma i giovani") continua a rubare la mia libertà e a sputare sul mio sacrificio silente uscendo di casa senza motivo e senza alcuna precauzione.