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Costume e società

Perché Zelensky ha citato proprio Genova per raccontare la guerra a Mariupol

Il professore Fiorenzo Toso a Genova Today: "Volendo citare una città di media grandezza non poteva parlare altro che di Genova per il riflesso fortissimo delle relazioni storico-commerciali"

"Con tutte le città che poteve citare, proprio Genova?". È la domanda che da questa mattina, martedì 22 marzo, molti genovesi si pongono dopo il discorso di Zelensky alla Camera. Il presidente ucraino ha nominato più volte Genova per spiegare lo stato di devastazione della città ucraina di Mariupol dopo i bombardamenti dei russi. 

Una parte degli ascoltatori ha accolto la citazione come una minaccia, come un cattivo auspicio che potrebbe far avvicinare la guerra, una minoranza come un complimento: "c'è ancora qualcuno che prende come riferimento la nostra città". Di questa opinione anche il sindaco Marco Bucci a margine di un convegno della Cisl.

Superata l'onda emotiva dell'immedesimazione, Zelensky ha infatti chiesto al suo pubblico di immaginare le persone scappare da Genova sotto i bombardamenti senza un minuto di tregua, centinaia di bambini morti e la città distrutta, il perchè della scelta arriva dall'analisi storico-culturale. A spiegarlo a GenovaToday è il genovese e professore di linguistica all'Università di Sassari, professor Fiorenzo Toso: "Zelensky ha fatto riferimento a una città della stessa grandezza di Mariupol ed è ovvio che abbia citato Genova piuttosto che un'altra città - spiega il docente - perchè nell'immaginario storico culturale degli ucraini e di tutte le altre popolazioni della zona, se si pensa all'Italia, tolte le grandi città, viene subito in mente Genova". La storia lo conferma: "In Ucraina c'è stata una presenza genovese che ha lasciato tracce ancora molto visibili, una realtà che inizia nel Medioevo e, tra alti e bassi, arriva fino all'Ottocento con la costante presenza genovese, non avrebbe quindi certo aver citato Bologna o Palermo, per dire altre due città di media grandezza".

L'influenza dei genovesi in Ucraina 

"Tutta quella fascia costiera dal 1261 in poi è stato un possedimento genovese è lo è rimasto fino alla caduta di queste colonie in mano ai turchi nel 1475 - continua Fiorenzo Toso - era dunque un pezzo di Genova trapiantata, poi nel corso dei secoli successivi c'è sempre stata una costante di commercio per esempio con la città di Odessa e di Mariupol; si tratta di posti dove i genovesi andavano costantemente soprattutto per il commercio del grano perchè l'Ucraina era definito il 'granaio' d'Europa in cui si produceva la pasta e quindi c'era questo andi rivieni continuo di navi genovesi".

Una memoria rimasta radicata nella popolazione ucraina: "Se c'è un posto dove conoscono ancora Genova è l'Ucraina, proprio perchè ci siamo stati e abbiamo lasciato delle tracce - aggiunge l'esperto - nei porti della Crimea dappertutto ci sono fortezza genovesi e non dimentichiamo che Odessa è gemellata con Genova e Mariupol con Savona".

La contaminazione linguistica

Il professor Toso conserva delle cedole di assicurazioni risalenti al 1800 fatte ad Odessa che sono scritte in russo, in greco e in italiano: "Nell'immaginario culturale degli ucraini Genova è una città molto più presente di tutte le altre città di media grandezza italiane - spiega - per gli ucraini gli italiani sono identificati con i genovesi; è la cosa storica più logica che possa esistere".

"Quando c'era questa dozzina di città genovesi lungo la costa della Crimea, nell'entroterra c'erano i tartari e si parlava la lingua tartara, poi gli slavi cioè gli ucraini sono arrivati dopo; però a livello localle, tra i tartari che sono rimasti e per tante altre popolazioni che esistevano prima degli slavi, c'è una memoria molto forte della presenza genovese, ci sono intere popolazioni che si dichiarano discendenti dei genovesi senza nemmeno esserlo e a livello linguistico diversi studi dimostrano che ci sono parole genovesi presenti nella lingua dei tartari come la 'berdiansa', un tipo di grano proveniente da Odessa oppure, nella lingua dei tartari, la parola 'mandillu' per indicare il fazzoletto; quindi c'è stato una scambio reciproco piuttosto intenso ed è ovvio che essendoci state tante sovrapposizioni di popolazioni, il tutto è rimasto più a livello di memoria storica".

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