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Quella volta in cui a Montale fu bocciato un testo per il Teatro alla Scala

Nel nuovo volume dei "Quaderni montaliani" anche le parole della nipote del poeta genovese, Bianca: “Era un uomo allo stesso tempo timido e diffidente, ironico e garbato e spesso pronto al mugugno”

Anche un testo del celebre poeta genovese Eugenio Montale venne bocciato. E per di più dal Teatro alla Scala di Milano. Ma non si tratta di un testo in versi, come ci si potrebbe aspettare, bensì di un testo di taglio giornalistico. Perché Montale, oltre che poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e musicale e perfino pittore, fu anche giornalista. E nel 1966 propose una prefazione al volume per il ventennio della ricostruzione della Scala che venne bocciata dal sovrintendente di allora. Questo singolare inedito è contenuto nel nuovo volume edito da Interlinea, il secondo dei “Quaderni montaliani”, insieme alle due ricche serie di lettere scambiate con Giuseppe Lanza e Giovanni Ansaldo intorno agli anni Venti e Trenta. Il libro in questione verrà presentato in anteprima a Genova, martedì 13 dicembre 2022 alle ore 16.30, presso il Salone della Biblioteca di Lingue dell’Università di Genova, in piazza Santa Sabina 2, con interventi di Luca Carlo Rossi e Roberto Cicala.

Tra i diversi testi raccolti, si trova una biografia stilata per le "Occasioni", che racconta i dati personali di Montale ma anche le sue vicende editoriali con la casa editrice Einaudi, oltre a un "dietro alle quinte" di un mancato premio, le prime recensioni e i riscontri dei primi lettori, le traduzioni di poeti di rilievo, oltre a un 'francobollo' relativo alla recente edizione commentata di Farfalla di Dinard. Grazie alle testimonianze della nipote Bianca Montale, si può andare a indagare la personalità di Montale, tratteggiata con una prospettiva intima che racconta "l'indulgente umanità di un uomo allo stesso tempo timido e diffidente, ironico e garbato, moralmente irreprensibile e, proprio per questo, spesso pronto al mugugno”, con il quale ha sempre condiviso la “nostalgia dei luoghi dell’infanzia, l'amore per il decoro e, chissà, forse anche lo sforzo costante di accedere all'assoluto".

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