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Costume e società

Il poeta Paul Valéry e quella "crisi di Genova" che gli cambiò la vita

“Questa città, tutta visibile e presente a se stessa, rifilata con il suo mare, la sua roccia la sua ardesia, i suoi mattoni, i suoi marmi. In lavorio continuo contro la montagna”, annotava il poeta

Lo scrittore, poeta e filosofo francese Paul Valéry a 21 anni ebbe quella che venne chiamata la “crisi di Genova”. Era figlio di un uomo corso, controllore delle dogane, e di una donna genovese, figlia del console del Regno di Sardegna a Sète. Durante la sua giovinezza, trascorse un periodo a Genova che diede una decisiva svolta alla sua vita: venne ospitato dalla zia nell’elegante Palazzo Montanaro, quello che si incontra percorrendo la creuza che collega piazza della Meridiana a Castelletto, la salita di San Francesco. 

Era la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1892, quella che poi venne rinominata dallo stesso Valéry La nuit de Gênes. Nel bel messo di un terribile temporale, il poeta ebbe una vera e propria crisi esistenziale che, dopo lunghe riflessioni, lo portò ad abbandonare per anni la poesia e la letteratura per dedicarsi alla riflessione e all’autoanalisi, che lui definì la “via dello spirito”. “Temporale spaventoso questa notte. L’ho passata seduto sul mio letto. Abbagliante per ogni lampo, tutto il mio destino si giocava nella mia testa. Io sono tra me e me sofferto enormemente. Ma io voglio disprezzare tutto ciò che passa dentro le tempie. Stato insopportabile. Stato critico. Stato di trasformazione. Può essere effetto di questa tensione e di questi scoppi improvvisi” scriveva lo stesso Valéry. 

Dopo un giro nelle altre città italiane, lo scrittore fece ritorno a Genova nel 1910, dopo 15 lunghi anni, per salutare la madre ospite nella nuova abitazione dei Cabella di Santa Maria della Sanità, a Castelletto. E così la città comparve più volte all’interno dei suoi 261 quaderni, i suoi Cahiers, vero laboratoire intime de l’esprit (laboratorio intimo dello spirito) dove leggiamo, oltre alle riflessioni filosofiche, estetiche e religiose di una vita, anche questa descrizione dei caruggi.

“Carruggi. Qui, moltitudini di bambini giocano attorno a povere p... nude, o seminude che si offrono sulla soglia dei loro bassi aperti. È una prostituzione simile al piccolo commercio delle strade. Esse si vendono semplicemente, come poco lontano si vendono castagne, fichi, enormi torte dorate, farinate di ceci. Si va nella vita complicata di questi profondi sentieri come si entrerebbe nel mare, nel fondo nero di un oceano stranamente popolato. Sensazione da novella araba. Odori concentrati, odori ghiacciati, droghe, formaggi, caffè abbrustoliti, cacao deliziosi finemente tostati da cui s'esala amarume... Passanti rapidi su questi marmi raschiati dallo scalpello. Verso le alture, le stradette si arrampicano, ornandosi di passiere di mattoni e ciottoli. Cipressi, minuscoli duomi, frati. Cucine fragranti. Queste torte gigantesche, farine di ceci, mescolanze, sardine all’olio, uova sode imprigionate nella pasta, torte di spinaci, fritture. Questa cucina è antichissima. Genova è una cava d’ardesia".

(Paul Valéry, Cahiers, 1910)

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