Genova in poesia, come Giorgio Caproni racconta la sua “città dell’anima”
L’autore scriveva: “Perché Genova l’ho tutta dentro. Anzi. Genova sono io. Sono io che sono ‘fatto’ di Genova”
Giorgio Caproni è nato a Livorno e ha vissuto a Roma, ma ha lasciato il suo cuore a Genova. Vi si trasferisce con i suoi genitori a dieci anni, dopo una breve sosta a La Spezia, nel 1922, e qui frequenta la scuola e le lezioni di musica. Finisce le elementari alla scuola Pier Maria Canevari e studia violino all’Istituto musicale Giuseppe Verdi in salita Santa Caterina. Studiando composizione, scopre non solo la sua passione per la poesia ma anche per le parole. Inizia prima a comporre armonie ispirate a Genova “città di continua musicalità per il suo vento”, per poi dedicarsi, a partire dai diciotto anni, alla poesia. Comincia poi a insegnare alle scuole elementari e, nel 1938, si trasferisce a Roma per continuare la sua carriera da insegnante.
La sua poesia è caratterizzata da una metrica spezzata, che riflette l’animo del poeta sempre alle prese con una realtà che sfugge. I temi ricorrenti nelle sue rime sono la riflessione sul linguaggio, sul viaggio, il ricordo della madre e della sua città natale, ma soprattutto della sua “città dell’anima”, come egli stesso scrive: “Perché Genova l’ho tutta dentro. Anzi. Genova sono io. Sono io che sono ‘fatto’ di Genova”.
Una raccolta, a cura del linguista Giacomo Devoto ed edita da San Marco Giustiniani nel 1997, raccoglie tutte le poesie che Caproni dedicò proprio alla nostra città, sotto il titolo Genova di tutta la vita. Tra i versi di questa raccolta si può sentire bene la potenza del rapporto quasi simbiotico che il poeta custodiva con la città. Scrive: “Non riesco a trovare nessuna ragione plausibile al mio attaccamento a Genova. Parlare di ‘amore’ sarebbe certamente fuori luogo, è qualcosa di più, comunque di ben diverso”. Forse questo profondo legame era dovuto alla stima che Caproni nutriva nei confronti dei genovesi, in cui riconosceva una visione stoica della vita e un amore per il concreto e per la laboriosità.
La prima immagine di Genova in versi appare in Finzioni nella poesia A mio padre, il cui primo titolo era Sottoripa, caratterizzata da forti impressioni sensoriali.
"Non più il catrame odora
di remoti velieri
dietro San Giorgio: un gorgo
d’altri e più acri aromi
pullula, Sottoripa,
nei tuoi fondachi bui.
Ma è festa ai marinai
d’oggi come fu ieri
un tanfo di bolliture
rancide, d’olii di semi,
o all’osterie nel fresco
morto d’acque portuali
carnali risa di donne
frequentate dai mori".
(A mio padre)
Leggera ed evocativa è la poesia Stornello, che fa riecheggiare alcuni versi della famosissima Litania (di cui avevamo già parlato qui).
"Mia Genova difesa e proprietaria.
Ardesia mia. Arenaria.
Le case così salde nei colori
a fresco in piena aria,
è dalle case tue che invano impara,
sospese nella brezza
salina, una fermezza
la mia vita precaria.
Genova mia di sasso. Iride. Aria".
(Stornello)
Versi dedicati a Genova a cui Caproni era molto legato erano poi quelli di Borgoratti, una delle sedici poesie contenute all’interno della sua prima raccolta Come un’allegoria, pubblicata nel 1936.
"Anche le vampe fiorite
ai balconi di questo paese,
labile memoria ormai
dimentica la sera.
Come un’allegoria,
una fanciulla appare sulla porta dell’osteria.
Alle sue spalle è un vociare
confuso d’uomini – e l’aspro
odor del vino".
(Borgoratti)