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Martedì, 16 Aprile 2024
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A 80 anni fa il giro del mondo in bici: la storia di Janus

Partito nel 2000 da Civitavecchia, River pedala da 17 anni e ha già visitato 154 paesi. L'obiettivo è arrivare a Pechino nel 2028: lo abbiamo intervistato in esclusiva a Genova

Ha compiuto da poco 80 anni, e 17 li ha trascorsi in sella alla sua bicicletta («la più brutta che ho trovato, ma indistruttibile: è italiana») per esplorare il mondo e «fare qualcosa che nessuno mai aveva fatto»: Janus River, origini russe e polacche, nato in Siberia, è partito il primo gennaio del 2000 dalle Canarie, ha già visitato 154 paesi e percorso 400.000 km. L’obiettivo è fare il giro del mondo con soli 3 euro al giorno, terminandolo a Pechino, in Cina, nel 2028. Quando cioè avrà 91 anni, e «a quel punto saprò di essere riuscito nell’impresa, ma non mi fermerò: se sopravviverò, e sarò ancora in salute, mi sposterò in Oceania e farò il giro delle isole. Morirò in bicicletta, insomma, anche se non mi è dato sapere esattamente dove»

Quella di Janus è un’impresa di cui si è già parlato in tutto il mondo: in ogni paese che ha visitato ha lasciato il segno, e ogni paese ha lasciato un segno su di lui. Ma l’Italia resta il suo preferito: «Qui si vive bene, si mangia bene, le persone sono davvero ospitati e disponibili e il paesaggio è bellissimo. Non a caso ci sono tornato due volte nel corso del mio giro, e ci tornerò ancora prima di finire». 

I record e le regole di Janus

Di questo, e di molte altre cose, ha parlato in esclusiva a Genova Today nel salotto di Palazzo Grillo, la dimora storica trasformata in albergo di piazza delle Vigne, che ha voluto ospitarlo per la sua tappa genovese: «Funziona così: prendo accordi con i sindaci, o con Federalberghi, l’associazione nazionale che riunisce gli albergatori, per trovare una struttura che mi ospiti a titolo gratuito per una sola notte. Attenzione però: non dormo mai in un letto, ma in un sacco a pelo per terra, e non chiedo mai pasti. Solitamente la colazione e il pranzo mi vengono offerti da chi mi conosce o riconosce, e a cena mangio solo un po’ di frutta, che riesco a comprare con i 3 euro che ho a disposizione». 

Avvolto in una giacca impermeabile giallo acceso, Janus affronta la pioggia che cade sul capoluogo ligure con piglio deciso: «Non mi spaventa, sono equipaggiato. E poi non mi ammalo mai, non prendo mai medicine, mi faccio curare dagli anziani di paese: pedalo, e non sento dolore, perché non ci penso». Da poche ore ha terminato la colazione, «la più buona che abbia mai mangiato: posso dire con assoluta certezza che la quantità e la qualità della colazione che mi hanno offerto a Palazzo Grillo, a Genova, è superiore a tutte quelle che ho provato sino a ora». 

E di colazioni, nel corso dei 17 anni trascorsi in giro per il mondo, Janus ne ha assaggiate tante: «Sono in Italia da poco, 9 mesi, e conto di restarci 3 anni: voglio visitare tutte le Regioni, e una volta terminato tornerò a Genova per partire con una bananiera che farà rotta sul Venezuela: lì inizia la parte più pericolosa del mio viaggio, perché girerò tutto il Sudamerica in bicicletta».

Quando e come è nata l'idea

Un’avventura che l’arzillo e caparbio 80enne ha intrapreso d’impulso, dopo 30 anni trascorsi a fare l’organizzatore di eventi musicali e sportivi a Roma, dove è arrivato dopo la fuga dalla Polonia comunista, un periodo trascorso in Egitto a studiare l’Islam (dove è stato ribattezzato Muhammed Alì River) e una carriera come manager sportivo: «Sono venuto in Italia quando ho scoperto che Papa Giovanni Paolo II sarebbe arrivato in visita, ho pensato fosse una bella occasione. Ho fatto richiesta di asilo, e me l’hanno concessa: ci sono rimasto 30 anni. Poi, era il 30 dicembre del 1999, ero a casa mia a Roma, e sul giornale lessi un articolo su un ragazzo che aveva fatto il giro dell’Europa in bicicletta. Restai fulminato, e decisi che avrei fatto il giro del mondo. Il giorno dopo trovati la bici, e il 31 dicembre, con una bottiglia di champagne, salii su un traghetto da Civitavecchia diretto alle Canarie. Non ho detto niente a nessuno: le persone che conoscevo non sanno niente di me da 17 anni». 

L'obiettivo finale: «Pechino nel 2028»

Da allora non si è più fermato, macinando un km dopo l’altro (massimo 15 al giorno, e pause frequenti per riposare) e visitando grandi città e piccoli paesi: «L’Italia la giro da capo a piedi, ma senza un percorso preciso: sono arrivato a Lampedusa, ho girato la Sicilia, e mi sono diretto verso il Brennero, dove sono arrivato mercoledì. Oggi sono a Genova, l’estate scorsa ho fatto la riviera di Ponente della Liguria, e adesso farò la parte di Levante. Poi Toscana, sino a Livorno, dove prenderò un traghetto per la Sardegna. Festeggio lì l’ultimo dell’anno, ci resterò 6 o 7 mesi, poi ritorno e mi dirigo verso Verona, tutto il Veneto sino a Trieste. E poi l’Adriatico».

Tanta strada fatta, dunque, ma tanta ancora da fare. E la parte più difficile del viaggio deve arrivare: «Penso che la percentuale di sopravvivenza in Sudamerica, per me, sia dell’uno per cento. Sarà molto pericoloso. Ma spero di farcela, e di arrivare al traguardo». 

Adesso però il tempo delle chiacchiere è finito: Janus, che ogni volta che riesce a organizzare con i sindaci incontra i bambini delle scuole per condividere la sua esperienza, deve prepararsi per il pranzo: «Focaccia, pasta al pesto e cima: vogliono offrirmi le specialità della città. È anche per questo che amo l’Italia, sono tutti gentilissimi, accoglienti e ospitali. Anche in Liguria: quando dicono che i genovesi sono tirchi, è ovvio che scherzano».

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