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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cultura

Scappa dai talebani e scrive un libro con l'aiuto di una genovese, la storia di Walimohammad Atai

"Il martire mancato" racconta la storia di un giovane afghano e contiene anche la postfazione di Giulietto Chiesa, giornalista recentemente scomparso

Il fondamentalismo islamico è tornato sulle prime pagine dei giornali nelle ultime settimane con il caso di Silvia Romano, la cooperante rientrata in Italia domenica 10 maggio 2020 dopo essere stata rapita in Kenya e sequestrata per 18 mesi. Ma nel dibattito degli ultimi mesi, a livello mondiale, spicca anche l'accordo di pace firmato tra Stati Uniti e talebani il 29 febbraio, che detta le condizioni per il ritiro delle truppe della Nato dall'Afghanistan e che dovrebbe, il condizionale è d'obbligo, riportare la pace in Afghanistan dopo 19 anni di guerra. 

"Il martire mancato" e la lotta ai talebani

E una storia legata ai soprusi e alle violenze dei talebani è anche quella che viene raccontata da Walimohammad Atai attraverso le pagine di un libro prossimo all'uscita, intitolato “Il martire mancato”. Il percorso di un giovane Afghano (a cui i talebani hanno ucciso il padre) che cerca di cambiare il proprio Paese attraverso la forza della conoscenza e della cultura contro l'oscurantismo religioso. Un atteggiamento ovviamente osteggiato dai fondamentalisti islamici che cercano di ucciderlo. Walimohammad è quindi costretto a fuggire e in Italia comincia la sua seconda vita, continuando a impegnarsi per il suo Paese e per la sua gente anche da lontano. 

Il supporto di Arianne Ghersi e Giulietto Chiesa

Il libro è stato scritto con il prezioso supporto di Arianne Ghersi, genovese laureata in Scienze Internazionali Diplomatiche e specializzata in tutte le tematiche che riguardano gli aspetti religioso-politici del mondo islamico, e che contiene anche la postfazione di Giulietto Chiesa, giornalista scomparso il 26 aprile 2020 e noto per il suo impegno e il suo lavoro svolto proprio a Genova. Il testo scritto in questo libro rappresenta una delle ultime testimonianze della sua lunga carriera, caratterizzata da una visione del mondo in cui la libertà e la democrazia sono la bussola dell'impegno politico e civile.

«Ho conosciuto Walimohammad a inizio 2019 attraverso una conoscenza comune nel mondo del giornalismo - racconta Arianne - e dopo alcuni scambi di battute sul web ci siamo conosciuti anche di persona a Genova. Mi ha raccontato la sua storia e il suo progetto di farla conoscere anche agli italiani attraverso le pagine di un libro. Dopo aver verificato le mie conoscenze sul mondo islamico mi ha voluta come collaboratrice perché serviva qualcuno che fosse in grado di riscrivere gli appunti relativi alla sua vita e ai suoi ricordi, rendendoli fruibili al pubblico occidentale. In parole povere, non bastava conoscere la materia, ma era anche necessario saper capire quali tematiche andassero ulteriormente approfondite per comporre tutti i pezzi del mosaico e rendere la sua storia davvero comprensibile a tutti i lettori non esperti di politica internazionale, geopolitica o storia dell'Afghanistan».

«Nel mio lavoro di riscrittura e correzione degli appunti di Walimohammed ho sempre cercato di rimanere fedele all'empatia insita nelle sue semplici parole e ogni nuovo capitolo mi ha arricchita in maniera profonda. Quella che viene raccontata nelle pagine del libro è la storia di un giovane uomo capace di sognare un futuro glorioso con un bagaglio culturale invidiabile. La sua forza e la ua determinazione mi hanno convinto ad intraprendere questa avventura e a decidere di aiutarlo per far conoscere la sua verità».

La storia di Walimohammad Atai

La storia di Walimohammad  Atai è una storia di riscatto e fuga dalle violenze dei talebani. Nato nel 1996 in Afghanistan segue le orme del padre, medico e oppositore ucciso per le sue idee e il suo impegno politico. Dopo aver aperto una scuola laica nel suo villaggio il giovane Wali viene accusato dai talebani di essere una spia ed è vittima di un attentato da parte dei fondamentalisti. Si salva per miracolo e fugge dalla sua terra all'età di 17 anni trovando asilo politico in Italia dopo un viaggio incredibile, rimanendo aggrappato ad un tir. 

Alla fine arriva in Puglia e in Italia comincia a diffondere la propria storia, impegnandosi nel campo dell'informazione e del dialogo interreligioso e interculturale. Nel nostro Paese studia e si laurea in scienze della mediazione linguistica e oggi, oltre a continuare gli studi alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Pavia, lavora come educatore professionale presso un centro di accoglienza di Acqui Terme legato alle strutture della Comunità San Benedetto al Porto di Don Gallo. Si occupa anche di traduzioni per tribunali, carceri e questure. 

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