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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura Santa Margherita Ligure

Ritrovato un relitto romano pieno di anfore nel mare di Santa Margherita Ligure

La nave trasportava vino ed era probabilmente diretta verso la Gallia

È stato presentato ieri sera a Santa Margherita Ligure, durante una serata organizzata per l'occasione, l'emozionante ritrovamento di un relitto romano nel Golfo del Tigullio.

A questo link il video con le immagini più belle girate sott'acqua.

Il 26 maggio scorso, durante una battuta di pesca ai gamberoni su un fondale di circa 700 metri di profondità, il peschereccio Impavido di Santa Margherita aveva tirato su una rete piena non di pesci bensì di anfore romane. Con encomiabile senso civico il comandante Gianni Paccagnella aveva immediatamente denunciato il rinvenimento archeologico al locale Ufficio Circondariale Marittimo.

È stata quindi informata la competente Soprintendenza che, a seguito di una prima analisi dei reperti, ha disposto la custodia delle anfore presso i laboratori dell’Area Marina Protetta di Portofino, per le necessarie operazioni di conservazione di questi straordinari reperti.

L'ingegnere Guido Gay, contattato dalla Soprintendenza, con una scansione sonar è riuscito a capire che i fondali nascondevano quacosa. Con l’ausilio del ROV Pluto Palla, innovativo veicolo subacqueo filo-guidato, si è scoperto finalmente a 720 m di profondità un cumulo di anfore, testimone di un antico naufragio.

Le dimensioni del cumulo desunte dalla scansione sonar permettono di ricostruire le dimensioni del relitto, un’imbarcazione da carico di circa 25 metri di lunghezza con un carico stimabile intorno alle 2.000-2.500 anfore. Si tratta quindi di una nave oneraria con una capacità intorno alle 100-150 tonnellate, che rappresenta la stazza media delle navi onerarie romane dedicate al commercio del vino italico tardo-repubblicano.

Il carico è costituito principalmente da anfore del tipo "Dressel 1b", classico contenitore del vino romano prodotto nell’Italia centrale tirrenica tra la fine del II ed il I secolo a.C.; grazie alle anfore recuperate dal comandante Paccagnella inoltre, è stato possibile sapere qualcosa di più sull’origine e la destinazione delle merci trasportate, e sulla datazione del naufragio.

Alla base delle anse delle anfore di S. Margherita si possono leggere bolli formati da due lettere (BC, BH, KI): si tratta di codici legati alle varie fasi di produzione del contenitore (anno di fabbricazione, numero di infornata e altre indicazioni) che contraddistinguono le produzioni della Toscana meridionale, e in particolare della zona di Albinia e dell’Argentario. In questa importante zona vinicola si concentravano i latifondi dei Domizi Enobarbi, grande famiglia dell’aristocrazia senatoria a cui appartiene il console Cneo Domizio, generale romano che nel 121 sconfisse le tribù galliche degli Arveni e degli Allobrogi.

Non è un caso quindi che proprio questi bolli si concentrino nella Gallia centrale, area geografica dove si svolsero le guerre condotte da Domizio e, con ogni probabilità, mercato di destinazione del vino trasportato dal relitto attraverso l’antica rotta di cabotaggio ligure. Le immagini del ROV Pluto Palla hanno inquadrato inoltre alcuni esemplari di anfore olearie di origine brindisina: anch’esse smerciate in Gallia nei decenni centrali del I sec. a.C. insieme alle vinarie toscane, rappresentano un carico complementare attestato anche in altri relitti liguri.

La Capitaneria di Porto ha emesso una specifica ordinanza volta alla tutela di questi relitti, grandi giacimenti di anfore che nascondono e proteggono i resti lignei delle antiche navi da carico e le loro attrezzature di bordo, nasce dalla necessità di far conoscere la posizione di questi antichi luoghi di naufragio, che corrono continuamente il rischio di essere sconvolti dalle attività di pesca a strascico.

L’individuazione dei siti è importante non solo per gli studi degli archeologi sulla storia della navigazione e dei commerci antichi, ma soprattutto per segnalare ai professionisti della pesca la loro posizione in modo che, confidando nella civile correttezza e nelle capacità che contraddistinguono la nostra marineria, siano messi nelle condizioni di trainare le loro reti evitando di intercettare e causare danni irreparabili ai giacimenti archeologici.

I cumuli di anfore sono anche luoghi di riproduzione dei gamberi rossi e di numerose altre specie. La distruzione dei loro nidi comporta pertanto, oltre alla perdita del patrimonio archeologico, anche il depauperamento del patrimonio ittico, a tutto svantaggio della stessa pesca professionale. E il nostro patrimonio vale certamente di più di qualche cassetta di gamberoni.

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