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Recensione
Dopo il successo di Séraphine, Martin Provost torna a raccontare la vita di uno storico personaggio femminile. Protagonista è Violette Leduc, scrittrice forse tra le più misconosciute fuori dai confini francesi, autrice di romanzi che sfidavano apertamente la censura parlando di temi come aborto, sesso e omosessualità femminili. Argomenti tabù che la società rifiutava.
Il rifiuto è un tema cardine nella biografia della Leduc, come pure nel film di Provost. Il regista mette in scena la vicenda personale tortuosa e drammatica di Violette, senza lasciarsi prendere dalla tentazione di realizzare una agiografia della propria protagonista. Fondamentale il rapporto con Simone de Beauvoir, che ne intuì il talento e la spinse a continuare nella scrittura.
Provost ricostruisce con sapienza la Parigi del dopoguerra e il suo ambiente culturale, per un film raffinato e sensito: merito soprattutto delle sue protagoniste, Emmanuelle Devos e Sandrine Kiberlain