"Il cavaliere di bronzo", solitudini e alluvioni nella Russia dell'800
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È il 1703. Lo Zar Pietro il Grande, guarda pensoso una larga palude che accoglie nel suo golfo un gelido fiume: la Nevà. Fa freddo, il sole non filtra dalle nuvole e non un'anima a perdita d'occhio. Lì fonda San Pietroburgo, la nuova capitale della Russia.
Nel 1706 la prima alluvione. Nel 1721 la seconda. Nel 1723 la terza. Nel 1726 la quarta. Nel 1729 la quinta.
Per più di 300 volte la Nevà sommerge San Pietroburgo, ma in Piazza del Senato, sopra un masso recintato, ancora si erge la statua di Pietro il Grande, un cavaliere di bronzo con una mano tesa, a proteggere la sua città.
“Il Cavaliere di Bronzo” racconta della più grande inondazione di tutte: il 19 novembre 1824. Uno spettacolo che mescola intense risate e profonda commozione. Il tutto accompagnato da una colonna sonora composta apposta per questa storia.
Da una parte una statua, dall'altra Evgenij - un uomo senza cognome, un “poveretto” - che vede l'acqua arrivare e non ha più tempo. L'ottusità e l'ingordigia di potere di uno zar defunto, chiedono lo scotto al suddito, sempre al suddito, che lì, in quel punto della Storia, ci si trovava per caso.
È attraverso queste due solitudini speciali, una di bronzo e una di carne, che riusciamo a vivere la storia di un uomo, e di una città, in cui l'acqua è passata attraverso e ha sciacquato via un pezzo di quello che c'era. Anche di noi.