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Superbonus, stop a cessioni dei crediti e sconti in fattura

"La scelta del Governo Meloni è stata vile", dichiara il deputato del M5S Roberto Traversi

Cambiano ancora le regole per il superbonus. Per i bonus d'ora in avanti non potrà più essere utilizzata l'opzione dello sconto in fattura o della cessione del credito al posto della detrazione. La novità è inserita nel decreto con le 'Misure urgenti in materia di cessione di crediti d'imposta relativi agli incentivi fiscali', approvato dal Consiglio dei ministri di giovedì 16 febbraio 2023.

Il decreto interviene per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d'imposta relativi alle spese per gli interventi non solo per il Superbonus 110 per cento, ma anche, come spiega Today.it, per recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.

Per il governo Meloni la cessione dei crediti "ha potenzialità negative sull'incremento del debito pubblico", si legge nel testo del decreto. Dall'entrata in vigore delle nuove norme sul Superbonus, con l'eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto 'sconto in fattura' né per la cessione del credito d'imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d'imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.

Si abrogano le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:

  • Spese per interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione importante di primo livello - prestazione energetica - per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
  • Spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione d'interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell'immobile.

Si introduce anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d'imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie d'intervento. Morirebbero così sul nascere iniziative come quella della Provincia di Treviso, che ha annunciato l'acquisto di 14,5 milioni di euro da due banche pochi giorni fa, o della Regione Sardegna, che ha approvato una norma per l'acquisto di crediti nella sua legge di Stabilità.

Infine, il testo chiarisce il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali. Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, si esclude il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità, per il fornitore che ha applicato lo sconto e per i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l'effettività delle opere realizzate.

L'esclusione vale anche per i soggetti, diversi dai consumatori o utenti, che acquistano i crediti d'imposta da una banca, o da altra società appartenente al gruppo bancario di quella banca, con la quale abbiano stipulato un contratto di conto corrente, facendosi rilasciare un'attestazione di possesso, da parte della banca o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione. Resta, peraltro, fermo che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza. 

Il Consiglio ha concordato che le associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto-legge saranno sentite dal Governo il prossimo 20 febbraio.

M5S: "Governo voltagabbana"

"Vero che a Carnevale, ogni scherzo vale… ma qui siamo andati oltre. Il Governo, infatti, getta la maschera e si mostra in tutta la sua inaffidabilità: ricordiamo bene il post del 17 settembre, quando la Meloni aveva scritto 'Pronti a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie. Sempre dalla parte delle imprese e dei cittadini onesti che si danno da fare per far crescere e migliorare l’Italia'. Lo ha scritto lei, non noi. E ora che fa? Il suo Governo blocca brutalmente il Superbonus, gettando sul lastrico 40mila imprese, che sono – lo ricordiamo qualora se ne fossero dimenticati i sovranisti - il nostro tessuto sociale, il nostro terziario da sempre leva fondamentale nella nostra produttività. La scelta del Governo Meloni è stata vile".

Lo dichiara il deputato del M5S Roberto Traversi, che poi aggiunge: "Le imprese del comparto edilizio ora pagheranno caro le scelte scellerate di un esecutivo: il Superbonus aveva dato loro ossigeno, oltre che segnare una crescita record del nostro Pil. Come M5S, siamo al fianco di tutti i costruttori, le aziende e le maestranze che avevano riposto la loro fiducia nello Stato".

"Tolgono il reddito di cittadinanza promettendo lavoro ma al contempo uccidono la norma che ha creato occupazione come nessun’altra iniziativa: ricordo, infatti, che il Superbonus 110% ha creato oltre 900mila posti di lavoro, peraltro in un settore per anni in forte sofferenza", commenta il senatore del M5S Luca Pirondini.

Ance Genova: "A rischio oltre duemila posti di lavoro"

"Lascia a dir poco sorpresi apprendere che tra le finalità poste alla base dell'approvazione del nuovo decreto vi sia l'obiettivo di risolvere il problema dei crediti incagliati quando, esattamente al contrario, lo stesso provvedimento blocca sul nascere iniziative ideate proprio per soccorrere imprese e professionisti". Queste le parole di Giulio Musso, presidente di Ance Genova, l'Associazione Nazionale dei Costruttori edili del capoluogo ligure.

"La nostra associazione - ricorda Musso -, nei giorni scorsi, aveva lanciato l'allarme: bloccare l'acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici senza aver individuato alcuna soluzione alternativa significa, per il solo territorio genovese, mettere a repentaglio oltre duemila posti di lavoro e porre centinaia di imprese in stato di grave crisi economico-finanziaria".

"A meno di un immediato ripensamento da parte del Governo, con l'istituzione di un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati, a partire dagli istituti di credito, che possa portare soluzioni concrete realizzabili nel breve periodo - conclude Musso -, il rischio è quello di una reazione dura da parte di cittadini e imprese esasperati dall'ennesimo provvedimento di modifica della disciplina in corso, con drammatiche ricadute sociali".

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