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Cronaca

"Bambini a bordo non sparate", il cartello choc nella testimonianza di un'infermiera genovese

Sonia Ricciu dell'ospedale Villa Scassi di Genova si trova a Ugovizza nell'ambito di una missione con il gruppo Cives; in Friuli vengono accolti i profughi che scappano dall'Ucraina dopo aver passato i confini con Austria o Slovenia: "Qui ho trovato anche altri genovesi venuti a dare una mano"

C'è anche un po' di Liguria nel centro di accoglienza profughi che è stato allestito a Ugovizza in provincia di Udine, snodo cruciale per coloro che scappano dalla guerra in Ucraina e arrivano da Austria e Slovenia. Sono in realtà due i campi che sono stati allestiti nella zona, in uno di questi c'è anche Sonia Ricciu, infermiera 47enne dell'ospedale Villa Scassi di Genova che ha deciso di partire con la Protezione Civile per dare una mano nell'ambito di una missione con il gruppo Cives (Coordinamento Infermieri Volontari Emergenze Sanitarie), organizzazione che fa parte dell'Opi, ordine delle professioni infermieristiche. Gli infermieri coprono turni di 24 ore per una settimana, arrivano da ogni parte d'Italia, e lavorano all'interno di un container adibito per far fronte alle necessità delle persone che arrivano con pullman o auto private. 

Un'infermiera genovese al campo accoglienza profughi di Ugovizza. Foto

"Ci sono persone arrivate da ogni parte d'Italia per aiutare - racconta Sonia a Genova Today - e per pura combinazione ho trovato anche altri liguri, c'è infatti una missione della Croce Bianca di Rapallo con due soccorritori e un mediatore culturale, qui ho incontrato anche una psicologa genovese della Sipem Sos, società italiana psicologia dell'emergenza, Guendalina Grossi".

Il campo dove lavora Sonia si trova all'uscita del casello di Tarvisio a Ugovizza e, insieme a quello di Fernetti in provincia di Trieste, è stato messo a punto dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia per i volontari della Protezione Civile impegnati nel lavoro di accoglienza: "Il nostro team sanitario è composto da dieci persone - spiega Sonia - ma nel campo lavorano tante diverse associazioni e volontari, Protezione Civile, Polizia, Esercito, Unhcr (Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati), l'Anpas, l'Asproc (Assistenti sociali per la protezione civile) e la Sipem Sos".

Una macchina dell'accoglienza che non si ferma un minuto e che, in media, accoglie circa 400 profughi al giorno, dalla prima accoglienza con the e biscotti a tutto quello che serve dal punto di vista burocratico e sanitario, ma anche tante storie da raccontare per far conoscere al mondo l'orrore della guerra e il dramma di tante persone costrette ad abbandonare le proprie case e il proprio Paese dall'oggi al domani, per colpa dei bombardamenti. 

"Mi ha colpito moltissimo vedere alcune automobili con un cartello sul lunotto posteriore - racconta Sonia - un traduttore mi ha spiegato che scrivono "bambini a bordo" nella speranza che nessuno spari al veicolo durante il viaggio che inizia in Ucraina. E poi storie drammatiche come quella di un gruppo di quattro persone arrivate disperate perché durante la fuga sono state costrette ad abbandonare in Ucraina un familiare che, cadendo, si è infortunato e non è stato in grado di proseguire, l'hanno dovuto abbandonare e ora non sanno se sia vivo o morto".

Storie che ti sbattono l'orrore della guerra in faccia, ma che si intersecano anche con altre a lieto fine: "C'è davvero tanta umanità - aggiunge Sonia - ieri ad esempio è arrivato un pullman nell'ambito di una missione organizzata dal maestro Riccardo Muti che ha portato in salvo i componenti dell'orchestra di Kiev. Hanno cantato per noi nel campo ed è stato davvero molto emozionante". 

Dal punto di vista sanitario ed emotivo sono diverse le situazioni che vengono riscontrate: "Molte persone sono provate dal lungo viaggio, spesso alle prese con mal di stomaco o nausea, la farmacia di Ugovizza ci ha anche regalato farmaci da distribuire. Dal punto di vista emotivo mi hanno colpito molto gli sguardi degli anziani, i mediatori ci hanno spiegato che molto spesso si tratta di persone che non sono mai uscite dal proprio Paese e il loro volto racconta questa sofferenza. Nei bambini, invece, ho riscontrato una maggiore serenità, per quanto ovviamente possibile. Abbiamo anche allestito una postazione di accoglienza per gli animali perché tante persone scappano, strappate dalla propria quotidianità, con cani e gatti. La maggior parte sono donne e bambini, ma ci sono anche alcuni uomini, se hanno più di 60 anni o almeno tre figli minori, infatti, non vengono arruolati". 

I profughi, dopo l'arrivo nei campi di accoglienza, ripartono poi verso altre destinazioni italiane, molti di loro perché raggiungono amici o parenti che vivono nel nostro Paese, altri invece perché hanno trovato accoglienza da parte di persone che hanno messo a disposizione abitazioni o strutture. Pochi, invece, proseguono verso Francia, Spagna o Grecia. Ogni settimana gli infermieri del gruppo Cives si danno il cambio, ogni lunedì avviene infatti il passaggio di consegne. 

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