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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Posta una foto di cannabis. Denunciata ma il pm chiede l'assoluzione

Nadia Principato attivista genovese per la legalizzazione della cannabis e antiproibizionista è stata denunciata dalla polizia per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente

Per una piantina di marijuana sul terrazzo è stata denunciata per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, ma dopo due anni la pm chiede la sua assoluzione. Alla giudice, però, l'ultima parola.

Protagonista della vicenda è Nadia Principato, attivista genovese per la legalizzazione della cannabis e media manager per aziende della canapa: "Spero che la mia storia possa contribuire a diffondere conoscenza e consapevolezza sul mondo della canapa", racconta a GenovaToday.

Tutto inizia nel 2020 quando Nadia, partecipando a una campagna di disobbedienza civile, pubblica sui social una sua foto vicino alla cannabis. Qualche giorno dopo la polizia, che già stava seguendo un'indagine parallela, bussa alla sua porta. Gli agenti nell'appartamento trovano una pianta di cannabis e qualche grammo di infiorescenze. Così parte il procedimento penale.

"Nadia è stata ascoltata e ha espresso la propria opinione con riferimento sia al mondo cannabico sia alla funzione della cannabis", spiega il suo avvocato Lorenzo Simonetti, che con il collega Claudio Miglio porta avanti lo studio Tutela legale stupefacenti. 

"Secondo noi la cannabis non deve avere solo una valutazione in termini di spaccio, come vorrebbe una parte del mondo, perché può essere utilizzata anche per uso eslusivamente personale o a fini terapeutici, dunque Nadia è stata molto brava nello spiegare tutta la dinamica che caratterizza il mondo della cannabis, non solo in modo illecito".

Il legale ha presentato anche il libro scritto da Nadia Principato sull'argomento: "A seguito dell'esame e della produzione documentale - continua Lorenzo Simonetti - il pm si è convinto dell'innocenza e ha chiesto l'assoluzione; il 13 luglio arriverà la decisione del giudice".

Per difendere Nadia, l'avvocato ha fatto riferimento alla 'cintura protettiva' dell'uso personale: "La coltivazione di cannabis per uso personale e per uso terapeutico non offende il bene giuridico della salute pubblica e della salvaguardia della tutela delle giovani generazioni in relazione al pericolo della droga, ma va a restare circoscritta all'interno di quella 'cintura protettiva' dell'uso personale - sostiene Simonetti  - nel nostro caso è presumibile pensare che non ci sia fondamento logico nella presunzione assoluta che se coltivi uno stupefacente vuol dire che lo puoi spacciare. Ho utilizzato l'impegno culturale di Nadia nel mondo cannabico proprio per esprimere il fatto che ciò avviene in maniera trasparente, parlarne in termini di diffusione culturale non è propaganda o istigazione".

Con la disobbedienza civile gli antiproibizionisti vogliono far luce "sul fatto che una persona che utilizza la cannabis rischia dai 6 ai 20 anni di carcere per coltivare una pianta che in realtà può essere utile alle persone malate che non riescono ad accedere al protocollo nazionale che dal 2007 riconosce la cannabis legale per uso terapeutico".

Mentre parla Nadia prepara la valigia: è in partenza per un tour in furgone in Italia e in Slovenia per distribuire la rivista "Dolce vita", rivista e magazine online, e diffondere informazioni sulla cannabis. L'attivista genovese, che lavora anche per il progetto sociale tutto al femminile Miss Joint, farà ritorno in tribunale il prossimo 13 luglio per mettere, come spera, la parola fine alla sua vicenda giudiziaria. 

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