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Cronaca

Pesto senza pinoli? No grazie

Lo sfruttamento dei pini coreani che producono i pinoli nella parte orientale della Russia "mette in pericolo l'ecosistema di quella regione" denuncia il biologo Jonathan Slaght, che per il bene dell’ambiente, propone una soluzione drastica

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di GenovaToday

Il pesto danneggia l'ambiente. La notizia è comparsa sul New York Times lo scorso 19 ottobre ed è rimbalzata sui giornali nazionali italiani. 

Lo sfruttamento dei pini coreani che producono i pinoli nella parte orientale della Russia "mette in pericolo l'ecosistema di quella regione" denuncia il biologo Jonathan Slaght, che per il bene dell’ambiente, propone una soluzione drastica: preparare il pesto senza pinoli. "Meglio sostituirli con noci, pistacchi mandorle, anacardi ”.

La domanda sorge spontanea: cosa ha a che fare il pesto con le foreste russe?

Spiega Slaght che negli States il pesto è consumatissimo e che, per abbassare i costi di produzione, “la maggioranza di pinoli viene importata dal pino coreano, il cui sfruttamento mette a repentaglio la fauna della regione dell’estremo oriente russo, che già di suo a rischio estinzione, finora ha fatto affidamento su queste piante”. Di qui il suo grido di allarme. E l’invito a ristoratori e amanti della buona tavola a rivisitare la ricetta tradizionale.

L’ambientalista americano non sa, però, che il Disciplinare depositato presso la Camera di Commercio di Genova prevede che il “vero pesto alla genovese” deve essere preparato esclusivamente con “Basilico DOP, olio extravergine di oliva di produzione nazionale, formaggio appartenente alle tipologie “Parmigiano reggiano” o “Grana Padano” o “Pecorino” DOP, aglio italiano, pinoli prodotti nell’area mediterranea, noci ottenute  da “iuglans regia” di origine europea”. Obiettivo quello di rispettare e salvaguardare un patrimonio di cultura e di tradizione, oltreché gastronomico, della Liguria.

Qualsiasi variante apportata conduce ad una ricetta diversa. Valida e squisita, ma diversa.

Dunque Slaght non parla di “pesto alla genovese”, ma di altro. E a Genova e ai genovesi non interessa.

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