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Cronaca Prà / Via Agostino Novella

Omicidio al Cep, il figlio killer: "Mio padre era un violento padre-padrone"

Claudio Evangelista sentito in carcere dal giudice ha descritto una vita di soprusi. Convalidato il fermo fino alla perizia psichiatrica

"Mio padre era un padre padrone, eravamo tutti soggiogati. Vivevamo in una situazione di violenza in particolare quando lui beveva". Così ha risposto al magistrato, Claudio Evangelista, il 42enne che domenica sera ha ucciso con 21 coltellate il padre settantenne Francesco, al culmine di una lite nel loro appartamento di via Novella al Cep.

Il figlio, al giudice delle indagini preliminari Luisa Camposaragna, ha descritto una vita di soprusi: "Papà era un dittatore, un violento che costringeva me, mia madre e le mie sorelle a fare quello che voleva". Una versione che Claudio, affetto da un deficit cognitivo e da una patologia psichica, aveva già raccontato alla specialista che lo aveva in cura nel centro di Salute mentale di Voltri, dove era stato visitato per l'ultima volta venerdì scorso.

Evangelista, difeso dall'avvocato Barbara Baroni, ha poi raccontato quanto successo quella sera. "Avevo preso la mia terapia come sempre - ha detto il figlio killer - e sono andato a dormire perché dopo ho bisogno sempre di riposarmi. Mio padre è venuto in camera mia e pretendeva che mi alzassi per andare a vedere la televisione con lui. Prima ho rifiutato ma poi mi sono alzato e sono andato di là ma lui sbatteva le cose, batteva i pugni sul tavolo, ha buttato le sedie a terra. Poi non ho capito cosa è successo". E si è accesa la furia omicida: 

"Sono andato in cucina ho preso un coltello dal tavolo e l'ho colpito". Ventuno le coltellate in tutto, uno il fendente letale al cuore, come dimostra l'esito dell'autopsia svolta dal medico legale Alessandro Bonsignore. Una scena cui hanno assistito la madre Maria Cira Panariello e la sorella Carmen che hanno poi confermato alla squadra mobile la versione del padre-padrone. Il gip ha convalidato il fermo e disposto la custodia in carcere fino a che una perizia non stabilirà se il regime carcerario è compatibile con le sue condizioni psicofisiche. 

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