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Cronaca

Omicidio Borzonasca, Marietto e i suoi come 'Quei bravi ragazzi'

Svelato l'arsenale della banda capeggiata dal gangster sessantenne accusato di avere freddato a colpi di pistola Giovanni Lombardi: tra le armi rinvenute anche fucili e ordigni esplosivi

Un vero e proprio arsenale, tra cui spicca anche la 357 Magnum che sarebbe stata utilizzata per colpire a morte Giovanni Lombardi, il corriere della droga ucciso lo scorso sabato a Borzonasca, nell’entroterra di Chiavari. E poi un fucile a canne mozze, una Walter Ppk, due taser, un machete, una katana e persino due ordigni esplosivi, contenenti molto probabilmente tritolo (ma si aspetta il responso degli artificieri), pronti per essere utilizzati durante le rapine che la banda capeggiata dal pluripregiudicato Mario Rossi aveva in programma.

E’ quanto la polizia ha sequestrato dalle abitazioni e dalle automobili dei membri della banda di “Marietto”, il gangster sessantenne che lo scorso 21 febbraio, insieme con due complici, il 52enne Cosimo Salvatore Catalfamo e il 50enne Mario Umberto Calderoni, avrebbe freddato a colpi di pistola il 41enne Lombardi in quello che pare a tutti gli effetti essere un regolamento di conti nell’ambito del traffico di droga. Otto le persone finite nel mirino degli inquirenti, tra cui anche Massimo Leopizzi, tra i capi ultrà del Genoa, attualmente detenuto in carcere a Savona.

Stando alle prime ricostruzioni, messe insieme anche grazie a una serie di intercettazioni ambientali, il delitto sarebbe avvenuto intorno alle 14.30. A mettere in allarme gli agenti della mobile, che da tempo ormai tallonavano la banda nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Alberto Lari, la frase intercettata durante l’incontro tra Rossi e i suoi compici e Lombardi: “Hai fatto un buco nella portiera, è tutto sporco di sangue”. Gli agenti sono arrivati in località Levaggi circa tre quarti d’ora dopo, il cadavere dell’uomo in macchina, la fossa già predisposta per accoglierlo.

Il movente pare ormai assodato, anche se gli inquirenti sono in attesa degli interrogatori, previsti per mercoledì: una guerra senza esclusione di colpi per il predominio della piazza di spaccio contro i rivali napoletani, capeggiati da Giacinto Pino, il boss di Soziglia, arrestato lo scorso gennaio perché identificato come il collegamento con la ‘ndrangheta calabrese. Proprio da Pino, Rossi avrebbe voluto acquistare una partita di droga a credito: una proposta rifiutata dal boss, che per comunicare con i suoi utilizzava una serie di foglietti, i cosiddetti “pizzini”, alcuni già in possesso degli inquirenti. La mossa successiva di Marietto è stata quella di convocare Pino per un incontro privato nell’entroterra chiavarese, incontro cui si è invece presentato Lombardi, freddato per vendicare lo “sgarbo” del suo boss.

Rossi questa mattina ha presenziato all’interrogatorio di garanzia davanti al gip Annalisa Giacalone, durante il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le accuse sono di omicidio aggravato dalla premeditazione, tentato occultamento di cadavere e detenzione di armi.

Delitto di Borzonasca, l'arsenale di Marietto Rossi e della sua banda

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