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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Lavagna

'Ndrangheta a Lavagna, quattro arresti: slot usate per prestiti usurai

In manette sono finiti Antonio e Francesco Antonio Rodà (già arrestati lo scorso giugno), Paolo Paltrinieri e Alfred Remili. Le accuse sono a vario titolo di usura, estorsione, riciclaggio di denaro e spaccio di droga

Si amplia il raggio dell’indagine denominata “I conti di Lavagna”, condotta dalla Squadra Mobile e coordinata dalla Direzione Antimafia di Genova e incentrata sulle infiltrazioni mafiose nel Tigullio, che nel giugno del 2016 aveva portato all’arresto di diversi presunti affiliati al clan calabrese Casile-Rodà: alle prime ore di mercoledì mattina è scattata una nuova operazione culminata con larresto di quattro persone per i reati di usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e riciclaggio di denaro, oltre che per spaccio di droga.

'Ndrangheta a Lavagna, arresti per usura ed estorsione. Il video

Nel mirino degli inquirenti sono finiti i cugini Francesco Antonio e Antonio Rodà, membri del “locale” (così vengono chiamate le strutture territoriali delle organizzazioni mafiose) di Lavagna, già arrestati nell’ambito dell’operazione del 2016 insieme con i fratelli Paolo, Antonio e Francesco Nucera, il sindaco di Lavagna, Giuseppe Sanguineti, e l’ex sindaco e parlamentare Gabriella Mondello

La 'ndrangheta nel Tigullio, nuovi arresti e perquisizioni | Video

In manette anche Paolo Paltrinieri, iscritto nel registro degli indagati lo scorso giugno, ma non arrestato, e intestatario di uno degli immobili sequestrati nel corso dell’operazione, un appartamento nella Baia del Silenzio a Sestri Levante. Arrestato anche l’albanese Alfred Remili, quest’ultimo per l’accusa di spaccio, rivolta anche ad Antonio Rodà.

Il nuovo filone di indagine è partito subito dopo gli arresti del 2016, e ha portato anche al sequestro di immobili - tra cui appunto la casa della Baia del Silenzio intestata a Paltrinieri - di un’auto di grossa cilindrata, di quote societarie e di conti correnti per un valore di oltre 300mila euro: stando a quanto ricostruito dagli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Alberto Lari, i cugini Rodà prendevano contatti con piccoli imprenditori edili e proprietari di bar offrendosi di prestare denaro a tassi che arrivano anche al 120%

I titolari di bar, in particolare, venivano avvicinati al momento dell’acquisto di videolottery, sfruttate come “cavallo di Troia” per offrire poi grandi somme di denaro in contanti che fruttavano interessi da capogiro. Se le vittime non riuscivano a pagarli (come nel caso di un uomo che, a fronte di un prestito di 250mila euro, se n’era visti chiedere 560mila), i Rodà si appropriavano delle attività stesse o di altri immobili, che venivano venduti alle loro società per recuperare i soldi. In alcuni casi la riscossione degenerava in violenza, con le vittime picchiate e minacciate di morte.

Stando alle indagini, sarebbero almeno una decina i piccoli imprenditori finiti nella rete dell’usura, tutti di Lavagna e Sestri Levante: «Si tratta di un’operazione molto importante - ha spiegato il procuratore capo Francesco Cozzi - che segue il filone di quella dello scorso giugno, i cui accertamenti sono ormai terminati. L’usura è stata esercitata per molti anni e nei confronti di molte persone, in certi casi i reati sono addirittura prescritti».

«Questa non è mafia povera - ha sottolineato il pubblico ministero Alberto Lari - Ma mafia che guadagna e lucra. Abbiamo portato avanti questa indagine sulla scia di quella precedente, scoprendo un giro molto ampio: queste persone dichiaravano reddito praticamente pari a zero, eppure avevano un’enorme disponibilità economica, oltre che immobili di pregio e auto di lusso. A breve potremo procedere anche nei confronti dei soggetti arrestati lo scorso giugno: le indagini sono praticamente terminate, la Cassazione ha confermato la tesi della Procura anche dal punto di vista dell’associazione mafiosa, e presto, molto probabilmente a maggio, inizierà il processo».

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