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Cronaca

Crollo Morandi, i periti di Aspi: «Cedimento stralli non può essere la causa»

L'esperto a capo del team di Autostrade smentisce l'ipotesi che i cavi corrosi abbiano provocato la tragedia: «Con una corrosione media del 50% dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente»

Non sarebbe stato il cedimento degli stralli a causare il crollo del ponte Morandi: è quanto sostengono i periti di Autostrade per l’Italia dopo avere analizzato i risultati dei test condotti dal laboratorio Empa di Zurigo, il cui report è stato consegnato in procura la settimana scorsa.

A smentire le indiscrezioni secondo cui la probabile causa del crollo sarebbe la corrosione dei fili d’acciaio che formavano gli stralli è il professor Giuseppe Mancini, coordinatore dei periti di Autostrade per l'Italia e professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso il Politecnico di Torino, che ha spiegato che «gli esiti di Zurigo, ancorché provvisori e a uno stadio intermedio (su un totale di 3248 fili sono stati osservati e classificati per classi di resistenza solo 2383 fili) evidenziano la piena tenuta statica del ponte: infatti, interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura. Sarebbero inoltre stati presenti fenomeni deformativi progressivi, visibili nel tempo da qualsiasi utente autostradale. Questo dato di fatto è stato confermato anche da ricostruzioni indipendenti di autorevoli esperti, che si sono espressi negli scorsi giorni in sede accademica».

Il team di esperti di Aspi - che ha presentato ricorso contro l’esclusione dai lavori per la demolizione e la ricostruzione, senza però chiedere la sospensiva del procedimento -  ha quindi analizzato la teoria secondo cui anche la mancanza di guaine metalliche sui cavi avrebbe contribuito al crollo e alla conseguente morte di 43 persone: «Un rapporto di monitoraggio di Spea (la controllata di Autostrade per l’Italia incaricata delle manutenzioni, ndr) del 2016, effettuato mediante carotaggi sugli stralli delle pile 9 e 10, ha evidenziato la presenza delle guaine in tutte le prove diagnostiche effettuate - ha sottolineato Mancini - I reperti di pila 9 sezionati dopo il crollo hanno dimostrato che la guaina era presente anche nei cavi primari (tranne che, come da progetto di costruzione, nella zona in corrispondenza dell’antenna). È comprovato dunque che le guaine ci fossero e svolgessero regolarmente la funzione di contenimento della matrice cementizia di avvolgimento dei singoli trefoli».

Mancini ha quindi ribadito ancora una volta come «il cedimento degli stralli non sia la causa primaria del crollo del ponte», rimandando alla fine dell’incidente probatorio - e dunque dell’analisi dei reperti - le conclusioni sul crollo del Morandi. Autostrade, intanto, sta continuando a portare avanti le trattative con i familiari delle vittime per evitare il processo civile: sino a ora avrebbe previsto uno stanziamento di circa 50 milioni di euro, destinando a ogni familiare diretto tra i 150mila e i 300mila euro di risarcimento. 

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