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Cronaca Sampierdarena / Via Enrico Porro

Morandi: la classificazione del rischio, senza averlo mai visto dal vivo

Il rischio crollo ogni anno era stato valutato 'basso' in base ai dati forniti da sensori montati sul viadotto, in realtà tranciati durante un cantiere

Nuovi clamorosi particolari emergono dalle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta che punta a fare luce sulle cause del crollo di ponte Morandi, collassato il 14 agosto 2018, causando la morte di 43 persone. In particolare sono le parole di Roberto Salvi, membro operativo del risk management di Autostrade, al telefono con il padre il 28 marzo del 2019, a suscitare scalpore.

Salvi (che non è mai stato indagato) aveva il compito di classificare il rischio del ponte Morandi, ma non lo aveva mai visto dal vivo, non essendo mai stato a Genova, come lui stesso fa notare al genitore. Dal 2013 nei documenti di Aspi il viadotto era indicato a rischio crollo per ritardate manutenzioni. Nel 2016 il 'rischio crollo' viene sostituito dalla formula 'perdita di funzionalità statica del viadotto Polcevera'.

All'epoca della conversazione intercettata, Salvi ha appena ricevuto la visita della guardia di finanza, che vuole capire con che criteri sia stato redatto il Catalogo dei rischi aziendali di Atlantia. La spiegazione Salvi la dà in diretta al genitore, raccontando che 'quello che si occupa dei ponti' gli ha indicato il Morandi come possibile luogo di una catastrofe.

Il catalogo dei rischi è ritenuto dalla Procura di Genova un documento cruciale perché il rischio, invece di aumentare nel tempo, diminuisce, senza che venga effettuato alcun intervento. Il rischio crollo ogni anno era stato valutato 'basso' in base ai dati forniti da sensori montati sul viadotto, in realtà tranciati durante un cantiere da operai di Pavimental, società controllata da Autostrade, e mai ripristinati.

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