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Ilva: «Se chiude Taranto chiudono anche Genova e Novi Ligure»

Cresce la preoccupazione a Genova dopo le ultime novità di certo poco confortanti che giungono da Taranto. La Cisl chiede rassicurazioni allo Stato, mentre la Cgil prevede tempi bui

Genova - Cresce l’attesa e la preoccupazione tra i lavoratori dell’Ilva di Genova. Le notizie che arrivano da Taranto non sono per nulla confortanti e la sensazione è che si avranno delle forti ripercussioni anche nello stabilimento ligure. Recentemente il presidente dell'azienda Ferrante non lasciava spazio a dubbi: «Chiudere Taranto significa chiudere Genova e Novi Ligure» aveva dichiarato pochi giorni dopo che duemila persone erano scese in piazza anche a Genova contro il sequestro degli stabilimenti di Taranto.

«Se si fermerà l’Ilva di Taranto si fermeranno di conseguenza anche gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure» dice senza mezzi termini Franco Grondona, segretario della Fiom-Cgil. «Mi sembra che con questa decisione – continua Grondona – il giudice abbia messo in discussione quanto già disposto dal riesame».

Sul fatto è intervenuta anche la Cisl provinciale e regionale, che ha invitato l’Ilva a «garantire tutti gli investimenti necessari a realizzare la compatibilità necessaria per proseguire quella produzione siderurgica». Antonio Graniero e Sergio Migliorini, segretari Cisl, invitano anche il governo: «ad affermare la propria titolarità nella garanzia dell’ambiente, delle scelte di politica industriale e di garanzia degli accordi raggiunti sul risanamento dello stabilimento di Taranto. L’accordo definito in sede governativa va attuato nel suo complesso e  sarebbe impossibile con la fermata degli impianti posti sotto sequestro, così come sarebbe impossibile garantire continuità produttiva ai siti di Genova e Novi Ligure che dipendono totalmente dalle produzioni a caldo del sito di Taranto».

Secondo Viale, segretario Lega Nord, vi saranno ripercussioni sicure su Genova: «si guarda con grande attenzione quello che accadrà dal punto di vista del lavoro e dell’occupazione. Grandi responsabilità sono da addebitare a un’azienda che in Liguria ha avuto tanto in base agli accordi di programma del 2005, ma che ha restituito poco in termini occupazionali».

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