Processo Morandi: per le difese gli imputati non conoscevano degrado del viadotto
Continuano le udienze preliminari del processo per il crollo del viadotto sul Polcevera, dopo gli interventi dell'accusa, ora è il momento degli avvocati degli imputati e delle loro tesi difensive
Il processo per il crollo del viadotto sul Polcevera, che ha provocato 43 morti nell'agosto del 2018 e che vede imputati 59 persone, oltre alle societa Aspi e Spea, prosegue con un fitto calendario di udienze preliminari.
Dopo che la Procura, attraverso i pubblici ministeri Cotugno e Terrile, ha esposto le sue ricostruzioni in virtù delle quali ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati nel giudizio, è arrivato il momento per gli avvocati difensori di esporre le proprie tesi difensive.
I primi a parlare, nell'udienza del 21 febbario, sono stati i legali dell'ex ad Castellucci, che hanno contestato la ricostruzioni dei pm, sostenendo che la gestione di una società complessa come Aspi, contrariamente a questo sostenuto dall'accusa, non può essere ridotta alla decisioni di un'unica persona.
Nell'udienza del 7 marzo hanno preso la parola invece i legali di altri tre imputati nel crollo, tutti dirigenti della società Autostrade per l'Italia, che hanno sottlineato come i propri assistiti non fossero a conoscenza dello stato di ammaloramento dell'opera:
"La prova che non temessero nulla, che non pensassero che sarebbe crollato, è nel fatto che ci passavano ogni giorno e ci facevano passare le proprie famiglie, i propri figli".
L'avvocato Pellicciotta ha anche sottolineato che i dirigenti Aspi, da lui difesi, si sono sempre attenuti a quanto stabilito dalle istruzioni di servizio che delimitavano le loro competenze.
Tanto che Mauro Malgarini, uno degl imputati e all'epoca responsabile dell'ufficio di monitoraggio e manutenzione di Aspi, aveva incaricato l'ingegnere Pisani di fare un progetto di fattibilità sulla pila 10 e la pila 9, quella che ha provocato il crollo. Successivamento però, il dirigente era stato spostato ad altra mansione e pertanto non era più di sua competenza la vigilanza sul progetto.
La difesa, unendosi a quanto sostenuto anche dai legali di Giovanni Castellucci, si è opposta al dissequestro dei reperti poichè potrebbero essere utili per una nuova perizia difensiva.
Nell'udienza hanno parlato anche i legali dell'ingegnere Bruno Santoro, all'epoca del crollo responsabile della divisione 1 del Ministero delle Infrastrutture, che hanno affermato:
"In 144 giorni di direzione non avrebbe potuto fare altro rispetto a quello che ha fatto. C'era anche il progetto di retrofitting in fase di approvazione al ministero. Cosa poteva fare Santoro? Qualsiasi cosa avesse fatto non avrebbe in alcun modo risotto o impedito il crollo".