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Cronaca Valbisagno / Salita San Giacomo di Molassana

Delitto di Molassana, le fascette sulla vittima e quella "trappola" per Morso

Continuano le indagini sulla morte del 28enne Davide Di Maria: mentre in carcere Marco N'Daye nega di essere il proprietario della pistola, gli inquirenti hanno forse spiegato il mistero delle fascette sui polsi

La pistola non è la mia”: Marco N’Daye continua a rispondere così al pubblico ministero Silvio Franz, che ieri pomeriggio l’ha nuovamente ascoltato per cercare di fare chiarezza su quanto è successo lo scorso 17 settembre nel suo appartamento di salita San Giacomo, sulle alture di Molassana, dove lui stesso è stato ferito e dove è morto il 28enne Davide Di Maria, ucciso da una coltellata inferta molto probabilmente dal 34enne Guido Morso.

Molto probabilmente, perché anche se all’appello manca ancora Vincenzo Morso, padre di Guido (che è invece in carcere, dopo che si è costituito dopo una notte di latitanza nei boschi) e identificato come uno dei referenti delle cosche mafiose a Genova, gli inquirenti sono ormai riusciti a tratteggiare il quadro di quanto accaduto durante quello che pare certo sia stato un regolamento di conti per debiti di droga. 

E a chiarire anche alcuni “gialli”, dalla causa della morte di Di Maria, ucciso non da un colpo di pistola come supposto inizialmente, ma da una coltellata, come dimostrato dall’autopsia, alle fascette da elettricista che gli sono state trovate intorno ai polsi: l’ipotesi più probabile è che si trattasse di una messinscena orchestrata per accogliere Guido Morso, atteso nell’appartamento da Di Maria, N’Daye e un altro amico, un 26enne di Bogliasco, per discutere del debito del 28enne genovese. 

Lo scopo, ipotizzano gli investigatori, era far trovare a Morso un Di Maria reso “innocuo” dalle fascette, e con questo, forse, guadagnare tempo per gestire una situazione che si era fatta sempre più tesa, e che l’arrivo di Vincenzo Morso, che aveva deciso di accompagnare il figlio, ha fatto esplodere: compaiono le pistole, la situazione degenera, Morso Jr esplode un colpo (che va a vuoto, conficcandosi in un mobiletto) dalla semi-automatica che aveva portato con sé, spunta il coltello, che ancora non è stato ritrovato, con cui viene inferta la ferita fatale a Di Maria. Ma di chi è l’altra pistola, la Magnum 357 trovata nell'appartamento? Per gli agenti della Squadra Mobile, coordinati dal dirigente Annino Gargano, non ci sono dubbi: appartiene a Marco N’Daye, come dimostrano i proiettili rinvenuti in giardino, sotto il barbecue, e le perizie balistiche. E poco importa che il giovane senegalese continui a negare, forse per addossare tutta la responsabilità ai Morso.

Per chiarire davvero cosa sia successo nell’appartamento di Molassana, fondamentale sarebbe trovare l’arma del delitto, e soprattutto rintracciare Vincenzo Morso: ancora latitante, per il 60enne al momento l’accusa è di concorso in omicidio aggravato. Il figlio, che inizialmente si è addossato tutta la responsabilità affermando di essere stato lui a sparare (cosa che è effettivamente successa) per difendersi da un’aggressione, è accusato di omicidio.

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