Delitto di Molassana, a uccidere Di Maria è stata una coltellata
A differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, 'Davidino scommesse' è stato ucciso da una coltellata e non da un colpo di pistola. A dirlo è stata l'autopsia. Oltre a Guido Morso, in carcere è finito anche Marco N'Diaye
Si fa sempre più complicato il lavoro degli inquirenti per cercare di chiarire la dinamica del delitto di Molassana, avvenuto sabato scorso, dove è stato ucciso Davide Di Maria. Il colpo di scena è arrivato dall'esito dell'autopsia, eseguita l'altro giorno sul corpo del 28enne. A differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, 'Davidino scommesse' è stato ucciso da una coltellata e non da un colpo di pistola.
In carcere resta Guido Morso, costituitosi domenica e autore da subito di rivelazioni, considerate poco attendibili. Il 35enne ha detto di avere sparato per sbaglio a Di Maria nel corso di una rissa, scoppiata all'interno dell'appartamento di salita San Giacomo di Molassana, a cui hanno preso parte anche il padre di Guido, Vincenzo, e due amici della vittima, un colombiano incensurato e Marco N'Diaye. Nelle ultime ore quest'ultimo è stato arrestato per possesso di arma da fuoco.
Dopo l'omicidio, Guido e il padre sono fuggiti, il primo a bordo di uno scooter T-Max e l'altro a bordo della sua Fiat 600. Proprio dal ritrovamento dell'auto, la polizia è risalita ai due Morso. Dopo una notte trascorsa nei boschi, domenica il ragazzo ha deciso di presentarsi ai carabinieri di San Martino, mentre il padre risulta tutt'ora latitante.
I vicini di casa di N'Diaye, nel cui appartamento si è consumata la mattanza, hanno raccontato di avere sentito rumori e grida, poi degli spari. Quando la polizia è arrivata sul posto ha trovato Di Maria morto e i suoi due amici feriti. All'interno dell'abitazione anche due bossoli, di cui solo uno esploso, calibro 7.65, ma nessuna arma.
Le pistole, due, sono state ritrovate nel bosco intorno a Sant'Eusebio, su indicazioni di Guido Morso. Quest'ultimo ha ammesso il possesso della semiautomatica da cui sono partiti i due colpi, mentre la magnum 357 era di N'Diaye, motivo per cui il senegalese è stato ora arrestato.
Nessuna traccia invece dell'arma del delitto, il coltello con il quale è stato sferrato il fendente fatale a Di Maria. Da subito il capo della squadra mobile, Annino Gargano, aveva dichiarato che i due Morso erano entrambi armati. Dunque se Guido, per sua stessa ammissione, impugnava la pistola, il coltello era nelle mani di qualcun altro.
Guido Morso è accusato di omicidio volontario, reato disciplinato dall'articolo 575 del codice penale: «chiunque cagioni la morte di un uomo - recita il testo - è punito con la reclusione non inferiore a 21 anni». Se l'omicidio volontario è aggravato dai futili motivi la pena può arrivare all'ergastolo o, in presenza di un giudizio con il rito abbreviato, a 30 anni di reclusione. Ma l'accusa per il 35enne potrebbe cambiare dopo i risultati dell'autopsia sul corpo di Davide Di Maria.
Nelle prossime ore ulteriori rivelazioni sono attese da parte del capo della squadra mobile.