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Cronaca

Comune-amore: 0 a 1. Coppia fa causa e ottiene giustizia

È il secondo caso in cui il tribunale obbliga il Comune ad iscrivere all'anagrafe il partner straniero e a registrare il contratto di convivenza. Tullio e Gleithy: "San Valentino per noi sarà un San Valentino felice: perché non importa cosa dica il Comune, noi siamo e rimaniamo una famiglia"

Tullio e Gleithy passeranno San Valentino assieme, festeggiando. Per il Tribunale di Genova sono una coppia di fatto con tutti i diritti e doveri che ne derivano. Lui brianzolo ma genovese d’adozione, lei di origini colombiane, da mesi vivono in un limbo burocratico, a causa della burocrazia italiana. Gleithy Diaz, 28 anni, non ha mai potuto prendere la residenza come convivente di fatto al fine di ottenere un permesso di soggiorno per vivere con il suo compagno.

L’unica opzione possibile era sposarsi con Tullio: "Ma non deve essere obbligatorio farlo, se la legge prevede che lo Stato deve agevolare l’ingresso e il soggiorno dei cittadini extracomunitari con cui si ha una relazione", spiega Tullio Mele, 40 anni, responsabile vendite globali per una linea di prodotto di una multinazionale. "Come per qualsiasi coppia di fatto, volevamo sottoscrivere un contratto di convivenza per ufficializzare la nostra relazione. La legge Cirinnà lo prevede dal 2016. Invece, per poter registrare il nostro contratto all’anagrafe e iscrivere Gleithy nello stato di famiglia, il Comune di Genova ha chiesto il permesso di soggiorno, documento che Gleithy però non poteva ottenere senza prima essere iscritta all’anagrafe della popolazione residente come convivente di fatto".

La coppia fa così causa al Comune. Secondo il legale che li rappresenta, l’avvocato Manuel Macrì, la disavventura è frutto di "un cortocircuito burocratico causato dall’errata interpretazione del D.lgs 30/2007, secondo il quale lo Stato dovrebbe agevolare l'ingresso e il soggiorno del partner con cui il cittadino dell'Unione ha una relazione stabile  debitamente attestata - spiega il legale - Una norma che già nella sua precedente formulazione aveva fatto guadagnare all’Italia una procedura di infrazione europea (richiedendo documentazione ufficiale non prevista dalla direttiva 2004/38/CE) e che oggi, interpretata nel senso che il contratto di convivenza può essere registrato in Comune soltanto se il partner straniero possiede già un permesso di soggiorno, inciampa nuovamente nel significato di relazione stabile debitamente attestata”.

I due giovani si sono conosciuti on line nel 2021, a ottobre. Dopo alcuni mesi, a fine gennaio 2022, Tullio è andato in Colombia a conoscere la famiglia di Gleithy, per poi tornare a casa verso metà febbraio dello stesso anno. Da allora i due si sentono ogni giorno. Tempo di predisporre tutto e il 21 maggio la ragazza arriva in Italia. Prima un weekend a Roma, poi l'inizio della convivenza a Genova. "Abbiamo fatto subito la dichiarazione di ospitalità - spiega Gleithy Diaz - ed è quindi iniziata una convivenza di fatto senza interruzioni ma con tanti intoppi burocratici, ad esempio non abbiamo potuto aprire un conto in banca comune e io ho dovuto rinunciare al master all'università. Ho pensato più volte di tornare indietro, ma non ci siamo arresi".
 
Ed è arrivata la vittoria. Il Tribunale di Genova ha ordinato al Comune di Genova di iscrivere la ragazza all’anagrafe della popolazione residente come convivente di fatto e di annotare il contratto di convivenza stipulato con il compagno, anche se il Comune potrebbe ricorrere in appello "dopo aver difeso la propria posizione con tutte le eccezioni possibili - racconta Tullio Mele - arrivando persino a mettere in dubbio la nostra relazione

“La soluzione ad un potenziale abuso - aggiunge Tullio -, ovvero la possibilità che tale procedimento venga utilizzato per fini illeciti,  non può mai essere la negazione di un diritto. A nostro avviso lo Stato dovrebbe semplicemente verificare nel tempo la genuinità delle convivenze di fatto e laddove c'è una situazione di abuso sanzionare i responsabili".

Gleithy, bilingue e laureata, è rimasta così senza permesso di soggiorno, né codice fiscale, tessera sanitaria, patente per mesi. Non poteva nemmeno lavorare o frequentare l'università per completare i suoi studi: "Sognavo di vivere a Genova ma il sogno si è trasformato in un incubo - racconta - camminavo per strada con il cuore a mille, con la paura di essere fermata ed espulsa. Mi hanno costretto a vivere da clandestina quando tutto quello che chiedevo era una registrazione, un permesso di soggiorno per vivere la mia vita familiare e contribuire alla collettività, non per rubare qualcosa. Vedersi mettere in dubbio la nostra parola, la nostra relazione da parte del Comune è stato doloroso".

Doloroso e costoso perché intentare una causa civile ha un prezzo anche economico: "Sono un contribuente e pago le tasse a questo Comune che invece usa i nostri soldi per negare diritti ai suoi cittadini - continua Tullio - sappiamo che molte coppie, con almeno un partner straniero, vivono situazioni simili e sono costretti a sposarsi perché non possono permettersi il costo di una causa, è un'ingiustizia lacerante. Non deve essere il mio reddito a stabilire il diritto a convivere con chi desidero".

Lo scorso 6 febbraio però i giudici hanno dato ragione alla coppia e ora Gleithy potrà richiedere un permesso di soggiorno come convivente di fatto.

"Il collegio giudicante ha esaminato attentamente il caso di Tullio e Gleithy - spiega l'avvocato Macrì - e dopo l’ascolto delle parti e dei testimoni, con un provvedimento di ben otto pagine ha accertato la serietà della relazione e ha dato loro ragione".

È il secondo caso in provincia di Genova. Secondo il Tribunale, il Comune non può imporre un requisito restrittivo, se "la legge nazionale e quella europea non lo impongono". Oggi Tullio e Gleithy sorridono: "San Valentino per noi sarà un San Valentino felice: perché non importa cosa dica il Comune, noi siamo e rimaniamo una famiglia".

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