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Cronaca Centro Storico / Via di Prè

Pré, donna accasciata a terra nel sangue: altro weekend di violenza in centro storico

I residenti di via Pré sabato pomeriggio sono accorsi alle finestre per vedere una donna svenuta a terra in una pozza di sangue: soltanto la punta dell'iceberg di una parte di città assediata dalla criminalità

«Le cose non sono certamente migliorate, anzi, peggiorano sempre più nella nostra percezione»: a parlare, esasperata, è Maria (nome di fantasia), una residente di via Pré, una donna che nel centro storico vive e lavora e che chiede di restare anonima per tutelare quel poco di pace che è riuscita a preservare negli ultimi mesi.

La denuncia è soltanto l’ultima di una lunga serie, e arriva dopo un altro weekend di passione, ennesimo fine settimana in cui degrado, spaccio e violenza hanno tenuto in scacco una parte di centro storico in cui la strategia del Comune - suddividere la città vecchia in tre zone da affidare a turnazione, oltre che a carabinieri e polizia, anche alla Locale - non sembra produrre i risultati sperati. Tanto che vedere giovani donne a terra in una pozza di sangue, sotto le proprie finestre, sembra essere diventata, più che un’eccezione, una regola.

Maria, dalle sue finestre, nel giro di due mesi ha assistito a una scena praticamente identica: alle sei di sera, ancora in pieno giorno, prima ha sentito le urla, poi si è affacciata e ha visto una donna a terra in una pozza di sangue, immobile. L’arrivo di alcuni agenti della polizia Locale è servito soltanto ad aspettare i soccorsi, con l’ambulanza che ha portato la donna svenuta in ospedale.

«Sono rimasta impressionata dalla somiglianza tra quanto successo alle due donne coinvolte nell’episodio di sabato e in quello di luglio - spiega Maria - l’unica differenza nell’esito: a luglio la donna si è rialzata e ha rifiutato il ricovero, mentre sabato la ragazza coinvolta è stata portata nell’ambulanza completamente priva di conoscenza. Mi auguro di cuore non si debba arrivare alla morte di qualcuno per essere presi in considerazione».

Che la zona di Pré sia problematica, d’altronde, è ormai cosa nota. Ma del peggioramento di criticità sicuramente note si parla da dopo il lockdown, un periodo in cui, dopo una calma iniziale dettata dalla necessità di restare chiusi in casa e dalla massiccia presenza di forze dell’ordine, si è scatenato il caos. E la violenza è aumentata esponenzialmente, con risse e aggressioni quasi all’ordine del giorno. Spostandosi di qualche vicolo da Pré la situazione inoltre non migliora granché: sabato mattina i residenti via della Maddalena si sono svegliati con pozze di sangue sul selciato e impronte di mani insanguinate sui muri dell’asilo.

Chi abita a Pré lamenta, in particolare, l’esclusione da controlli più serrati messi in campo nelle zone della movida e in quelle più vicine al centro - San Lorenzo,  le Erbe, ma anche via Luccoli e Sottoripa - finalizzati più a controllare la somministrazione di alcol e il rispetto delle norme anticoronavirus. Tematiche ugualmente importanti - nel weekend alcuni locali sono stati chiusi proprio per somministrazione di alcol a minori - radicalmente diverse però da quelle che i residenti di Pré sperimentano sulla loro pelle.

«Qua sotto c’è il delirio - conferma Maria -  è evidente che per questi pochi metri di strada la soluzione non può essere rappresentata dal pattuglione che passa e va, e nemmeno dal presidio “fisso” su una strada lunga centinaia di metri. Rispetto a luglio non è cambiato molto: decine di balordi, gente scalza, mezza nuda, ubriaca, alla ricerca disperata di una misera dose, in barba a tutte le restrizioni anti-Covid, gli spacciatori aumentati un po’ di numero, sicuramente comparse facce nuove, mentre gli scontri fisici sono all’ordine del giorno».

Le proteste si moltiplicano anche dalle associazioni che da anni si battono per la riqualificazione di Pré e in generale del centro storico, e piovono anche analisi amareggiate da parti di esponenti del mondo culturale genovese: virale, nelle ultime 48 ore, il post della coppia di scrittori formata da Paola Ronco e Antonio Paolacci, autori di una serie di romanzi crime ambientati proprio nel centro storico.

Ci piacerebbe raccontarvi la situazione che c'è in centro storico, a Genova, ma non so se ci credereste. Vi diremmo che,...

Pubblicato da Paola Ronco su Domenica 20 settembre 2020

«Ci piacerebbe raccontarvi la situazione che c'è in centro storico, a Genova, ma non so se ci credereste. Vi diremmo che, mentre un sacco di politicanti sollevano polveroni e mandano pattuglioni, chi gestisce il traffico della droga agisce indisturbato - scrivono a due mani - Vi racconteremmo di quei localetti che vendono pessima birra a un euro, delle multe da migliaia di euro che si prendono - multe che stroncherebbero qualunque commerciante - e che pagano senza battere ciglio, per riaprire e continuare a vendere.  Chi gestisce quei locali? Chi paga per loro? Perché i soliti quattro ubriachi non vengono identificati?

Vi diremmo dei pusher che stanno ovunque, a volte vengono presi, vengono subito sostituiti, tornano al loro posto, ci trovano i sostituti, si menano con loro in mezzo alla strada. Perché i commercianti onesti e coraggiosi sono costretti a chiudere per segnalare il fatto che alla Maddalena dalle cinque del pomeriggio i vicoli sono in mano alla malavita e a chi beve? Perché si spendono soldi per dei pattuglioni scenografici che passano senza verbalizzare nulla, e non per facilitare un vero lavoro investigativo?».

«Vi racconteremmo tutto questo, e se potessimo fare le stesse domande al questore saremmo davvero curiosi di sentire le risposte - concludono i due scrittori nel post che ha totalizzato decine di condivisioni - Ma viviamo da tempo in questa paradossale rimozione per cui la mafia non esiste, e se esiste è roba da paesini siciliani - ma certamente».

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