Autostrade: Donferri Mitelli respinge le accuse, Castellucci non parla
Le accuse di cui devono rispondere sono di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in forniture pubbliche
Mercoledì 18 novembre 2020 sono iniziati gli interrogatori di garanzia degli ex manager di Aspi ai domiciliari da mercoledì scorso nell'ambito dell'inchiesta sulle barriere fonoassorbenti pericolose. Michele Donferri Mitelli, ex direttore delle manutenzioni per Aspi, ha lasciato i domiciliari ed è stato interrogato per quasi tre ore.
«Il mio assistito - ha spiegato l'avvocato Giorgio Perroni - ha risposto a tutte le domande sia per quanto riguarda le barriere, entrando nel merito, sia per il resto delle contestazioni e abbiamo respinto ogni accusa. Abbiamo ristabilito l'onorabilità di un uomo che per un anno è passato come quello che faceva abbassare i voti a Spea, ma non è così. Nei prossimi giorni faremo riesame».
L'ex amministratore delegato di Aspi e Atlantia Giovanni Castellucci si è avvalso della facoltà di non rispondere. «L'ingegnere Giovanni Castellucci, anche su mio consiglio, ha preferito non rispondere oggi alle domande del Giudice per le indagini preliminari, riservandosi di chiarire quanto a lui contestato al Pubblico ministero non appena avrà avuto modo di leggere le oltre sedicimila pagine depositate a sostegno della misura cautelare emessa nei suoi confronti», ha dichiarato l'avvocato Carlo Longari.
Nell'ordinanza che ha portato agli arresti si legge di come manager e dirigenti parlavano delle manutenzioni che Autostrade avrebbe dovuto condurre nel corso degli anni sulla rete autostradale. A febbraio 2020 Gianni Mion, presidente di Edizione, la holding dei Benetton, parla con Giorgio Brunetti, professore emerito della Bocconi. E commenta che «il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo e meno facevamo... Così distribuivamo più utili... E Gilberto (Benetton, ndr.) era contento».
Le intercettazioni in mano agli inquirenti non dimostrano soltanto la consapevolezza che le barriere fono-assorbenti installate su 60 km di rete ligure erano inadeguate pericolose - non resistevano all’impatto del vento, ed erano ancorate con una resina non certificata CE che «le incolla come con il vinavil» - ma anche i tentativi, sempre più urgenti, di rimediare nascondendo il fatto, e l’atteggiamento noncurante, «spregiudicato», dice il gip, verso gli interventi di manutenzione non eseguiti.
Tanto che le accuse di cui devono rispondere sono di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in forniture pubbliche. Va ricordato, inoltre, che oltre all'inchiesta sui pannelli fonoassorbenti, dal filone più ampio di quella sul crollo del Morandi ne sono nate altre due: quella sui presunti “report truccati”, cioè su relazioni manipolate per nascondere le reali condizioni di alcuni viadotti, e quella sulle gallerie, partita dopo il crollo di parte della volta della galleria Bertè, sulla A26 Genova-Gravellona Toce, avvenuto il 30 dicembre 2019. Il crollo aveva fatto partire una serie di accertamenti su altre 200 gallerie, e una serie di interventi che hanno portato, di fatto, alla paralisi del nodo autostradale per il ripristino e la messa in sicurezza.