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Cronaca San Martino / Via Caffa

Dalle creperie alle sale scommesse: arrestato affiliato ai Fiandaca

Roberto Sechi, 52 anni, era già stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel 2006. Le attività che gli erano state confiscate, però, erano tornate sotto il suo controllo

Era stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel 2006, con conseguente confisca di tutte le attività commerciali che aveva aperto a Genova, ma Roberto Sechi, genovese 52enne considerato uno dei referenti del clan dei Fiadanca di Gela nel capoluogo ligure, era riuscito attraverso una serie di prestanome a tornarne in possesso, aprendo addirittura di altre.

Sequestrate "storiche" creperie

I militari della Polizia Giudiziaria, diretti dal colonnello Maurizio Panzironi, lo hanno scoperto al termine di una lunga e complessa indagine partita nel 2016, in cui sono indagate 14 persone, che ha portato un nuovo sequestro delle attività già confiscate nel 2006 e di tre nuove: si tratta di una creperia in via San Vincenzo (le altre due già finite nel mirino degli investigatori, ribattezzate con il suo soprannome, "Chicco", si trovano in corso De Stefanis e in via Caffa, all’angolo con piazza Alimonda), di un’altra creperia e hamburgeria in via Bianchi, alla Foce, e di un autolavaggio in via Paggi, a San Fruttuoso. 

Sechi si era inoltre “infiltrato” in una sala scommesse a marchio GoldBet sempre in zona Foce, in via Casaregis, finanziandola e pagando le vincite. Tutto sfruttando prestanome che avevano proposto all’amministratore giudiziario incaricato di occuparsi degli immobili confiscati di rilevare le attività: tra loro anche un’ex impiegata della creperia di via Caffa, che si era fatta avanti a titolo di gestore per garantire la continuità dell’esercizio commerciale e l’occupazione. 

Chi davvero si occupava di portare avanti gli affari, però, era Sechi. E a “tradirlo” è stata la decisione di accogliere a Genova Rocco Falsaperla, altro affiliato al clan dei Fiandaca, che nel giugno 2016 era stato arrestato a Genova dopo avere partecipato a diversi tentativi di estorsione (sfociati poi in un vero e proprio agguato) ai danni di Giovanni Calignano, commessi a Nardò, in provincia di Lecce, tra il 14 e il 16 maggio 2016.

Da Lecce a Genova, i legami dei Fiandaca

La Procura di Lecce e il Nucleo Investigativo dei carabinieri avevano seguito le tracce di Falsaperla, 45 anni, sino a Genova, scoprendo che l’uomo aveva trovato rifugio da un conoscente residente nel capoluogo ligure: Roberto Sechi, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso nel 2006 nell’ambito di un’inchiesta sulle scommesse illegali e sottoposto a una misura di confisca dei beni 4 anni dopo, nel 2012. Lo stesso Roberto Sechi che aveva offerto a Falsaperla di lavorare nella sua nuova creperia di San Vincenzo (ufficialmente gestita dalla moglie), in nero, ospitandolo nell’appartamentino sopra l’esercizio commerciale. La segnalazione partita dalla Procura di Lecce ha quindi fatto scattare le indagini anche a Genova, e gli investigatori della Polizia Giudiziaria hanno iniziato a raccogliere intercettazioni e altro materiale che non lasciavano dubbi sul fatto che Sechi fosse di fatto tornato in affari, pur nascondendosi dietro i prestanome.

Nel 2012 gli investigatori della Dia gli avevano sequestrato beni per un valore di circa un milione di euro, tra il suo appartamento di San Fruttuoso, le creperie “Chicco” di piazza Alimonda e corso De Stefanis, e un’altra attività in salita San Paolo. A distanza di 4 anni Sechi gestiva nuovamente le due creperie, ne aveva aperta un’altra in via San Vincenzo e vi aveva aggiunto anche l’autolavaggio, tutte attività che a oggi lasciano pensare che oltre all’accusa di “trasferimento fraudolento di valori in concorso” vi siano anche i margini per ipotizzare un reato di riciclaggio vero e proprio. 

Sechi è stato colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere nelle prime ore di mercoledì, e gli investigatori hanno avviato una serie di perquisizioni sia nelle attività sia nelle abitazioni degli altri 14 indagati, tra cui figurano la moglie e due ex dipendenti. Oltre a tutte le attività commerciali e le società cui rispondono, sono stati sequestrati in via preventiva anche 5 conti correnti e una Golf Gtd e una moto Bmw 1220R, entrambe di proprietà di Sechi: il valore totale dei beni sequestrati è stimato intorno ai 700mila euro.

Procura: «Estrema difficoltà nel gestire i beni confiscati»

«Quanto accaduto in questo caso è un esempio lampante e da manuale delle difficoltà legate alla gestione burocratica e legale dei beni confiscati - ha spiegato il sostituto procuratore Francesco Pinto - L’amministratore giudiziario non ha i mezzi necessari per accertare eventuali infiltrazioni mafiose, che ci sono tanto al Nord e in Liguria quanto al Sud: il rischio è che si entri in un circolo vizioso in cui attraverso prestanome e legami di varia natura, chi è già condannato per reati gravi possa tornare in possesso dei beni confiscati. La speranza è che operazioni come queste aiutino a interrompere questo circolo vizioso e ad avviare un circolo virtuoso».

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